FORMIA – Non è terminato il lockdown per tutte le spiagge libere di Formia date in concessione. Ma questa volta il Coronavirus non c’entra nulla. Dovrà attendere chissà ancora quanto tempo per aprire i battenti la spiaggia libera gestita in località Acquatraversa a Formia dalla parrocchia del Cuore Immacolato di Maria, presso il Villaggio Don Bosco. I lavori di sistemazione dell’arenile, abitualmente frequentato da tanti bambini dell’oratorio formiano ma anche da quelli di Cassino con cui è gemellato da alcuni anni, non sono stati fermati dal Coronavirus ma dalla storia antica di Formia.
Durante i lavori di messa a norma e riqualificazione di una discesa a mare, per innovare un passaggio per i diversamente abili ma anche per le famiglie e i giovanissimi frequentatori alla luce delle misure anti Covid-19, è spuntato un muro di contenimento di quella che appare essere una villa romana del primo secolo Avanti Cristo, di età repubblicana, realizzata direttamente sul mare del levante di Formia. Lo stop al cantiere è stato dato da un archeologo di Cassino, Cristiano Mengarelli, che, nominato dalla stessa parrocchia per sovraintendere a questi interventi di riqualificazione dell’arenile dato in concessione, ha provveduto ad informare la Soprintendenza competente. Il parroco del Villaggio don Bosco, don Mariano Salpinone ha dato notizia del ritrovamento di questo reperto archeologico nelle omelie delle messe domenicali preoccupato del fatto che questo imprevisto potrebbe posticipare l’apertura di quella che ha definito la “spiaggia del popolo”
INTERVISTA Don Mariano Salpinone, parroco Villaggio Don Bosco di Formia
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Dopo la scoperta del muro durante i lavori di ripulitura dell’area e della relativa sistemazione dello stradello di accesso alla spiaggia, è stato ampliato verso ovest il lavoro di taglio selettivo della vegetazione per una lunghezza di poco più di 13 metri. “La rimozione della vegetazione ha messo in evidenza – ha scritto il dottor Mengarelli in una relazione tecnica – come le strutture rinvenute in precedenza si sviluppino senza soluzione di continuità verso ovest. E’ stato anche riscontrato come l’area abbia subito di recente un processo di crollo parziale delle strutture. Questo dissesto è stato ricondotto, con informazioni raccolte sul posto, a circa due anni addietro, come d’altronde risulta plausibile osservando lo stato dei materiali distaccatesi. Pertanto, anche in ragione della tipologia di intervento messo in atto in questa primissima fase, è parso opportuno non procedere oltre nella pulitura del costone, per non rischiare di indebolire ulteriormente le strutture riscontrate, comunque ben visibili anche dalla documentazione fotografica raccolta”.
E’stato poi verificato come il piano pavimentale riscontrato poggi direttamente sul deposito di formazione naturale: “Al momento risulta essere la prima fase costruttiva riscontrata nell’area, è composto da una sequenza di tre livelli con altezza di circa 50-51 centimetri, a partire dalla statuminatio che poggia direttamente sul banco di roccia, seguito poi dal rudus e dal nucleus, la cui sommità costituisce anche il limite del pavimentum, che al momento sembra essere costituito appunto dalla parte superiore del nucleus. Questo dettaglio suggerisce – ha osservato l’archeologo – che si tratti di un intervento edilizio ascrivibile alla tarda età repubblicana, come indica anche il rinvenimento nell’area di alcuni frammenti di cubilia in calcare. Dall’area interessata, in rapporto ad un lembo di stratigrafia che obliterava il suddetto pavimento, è stata riscontrata anche la presenza di frammenti di tubuli in terracotta. L’insieme delle strutture fanno parte di un esteso intervento edilizio composto da una ampia sequenza di fondazioni realizzate con cassoni in cementizio, di dimensioni al momento non determinabili, riempiti da pietrame ben costipato con argilla e sabbia”.
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