GAETA – Parafrasando il linguaggio coniato dall’allenatore del Milan più vittorioso di sempre, Arrigo Sacchi, e facendo ricorso alla prima persona singolare era arrivato a dire ai cronisti che lo contestarono una domenica pomeriggio negli spogliatoi dello stadio “Antonio Riciniello” dopo una scialba prestazione della sua squadra che “Felice Melchionna o si ama o si odia. Non c’è una via di mezzo”. Una vasta eco ha suscitato a Gaeta e negli ambienti calcistici del Basso Lazio l’arresto, il secondo in tre anni, di Felice Melchionna, l’ex allenatore biancorosso di 51 anni, originario di Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, bloccato dalla Guardia di Finanza mentre attraversava lo stretto di Messina a bordo di un’auto presa a noleggio con un carico davvero importante, 4,3 chilogrammi di cocaina.
Lo stupefacente era diviso all’interno di 4 panetti ricoperti di plastica di colore nero, sigillati con nastro da imballaggio trasparente e recanti impresso un simbolo riproducente un ferro di cavallo. Gli involucri sono stati trovati, grazie al fiuto delle unità cinofile delle Fiamme Gialle, all’interno di un vano per il filtraggio dell’aria condizionata, posizionato sotto il cofano-motore dell’autovettura ispezionata. I resoconti giornalistici di diversi organi d’informazione calabresi e siciliani hanno raccontato che Melchionna, durante i controlli operati nella zona degli imbarcaderi di Villa San Giovanni, ha tradito un palese nervosismo alla vista dei finanzieri del comando provinciale di Reggio Calabria.
A questo stesso comportamento il tecnico calabrese ha fatto ricorso più volte durante la sua permanenza a Gaeta allenando la squadra della Polisportiva, che ora non c’è più, nei campionati d’Eccellenza e di serie D. Melchiorra sotto la presidenza dell’imprenditore Damiano Magliozzi ha sfiorato in paio di circostanze la promozione nel professionismo e i risultati, pur dandogli ragione sul piano prettamente tecnico, non gli hanno mai permesso di “gaetanizzarsi”, di naturalizzarsi come il personaggio forse sperava. Spigolosità caratteriali e comportamentali, ben celate dal morbido tono della voce e da una sufficiente capacità comunicativa, lo hanno portato ben presto a lasciare la città dove aveva residui interessi economici e privati. Vi sarebbe dovuto tornare il prossimo 16 luglio quando è fissata davanti il Gup del Tribunale del Tribunale di Cassino Salvatore Scalera l’udienza preliminare per la vicenda, delicatissima, in cui era stato coinvolto nel settembre 2017. Era stato arrestato insieme all’ex presidente della scomparsa Polisportiva Gaeta, Mario Belalba e alla figlia Vincenza, di cui era consigliera della stessa società, con l’accusa di aver gestito un presunto giro estorsivo nella gestione degli svincoli ai danni di alcuni tesserati della società biancorossa dal 2015 ai primi mesi del 2017.
L’allenatore reggino era stato arrestato dai Carabinieri della Compagnia di Formia su ordine del sostituto procuratore Roberto Nomi Bulgarini perché, insieme all’allora presidente biancorosso Belalba, avrebbero pretesto nel dicembre 2015 somme di danaro nei confronti alcuni giocatori interessati a svincolarsi come corrispettivo della preparazione effettuata a spese del Gaeta calcio e, per certi versi, per il precedente acquisto dei loro cartellini. L’ex allenatore del Gaeta nel corso dell’interrogatorio di garanzia al Gip Lo Mastro aveva dichiarato di essere stato “vittima delle ritorsioni di un genitore, appartenente all’Arma dei Carabinieri, che voleva vendicarsi de l fatto che il figlio non era stato ritenuto all’altezza di poter giocare nel Gaeta Calcio”. Chissà se gli stessi finanzieri all’imbarcadero di Villa San Giovanni avevano di lamentarsi per qualche motivo?