FORMIA – Un luogo dove ospitare 15 donne con bambini richiedenti asilo politico e protezione internazionale e sviluppare specifiche attività mirate all’accoglienza e all’inclusione delle persone diversamente abili, soprattutto giovani. Con questa nobile finalità il 17 settembre 2017 era stato tenuto a battesimo a Formia il progetto “La Casa Giusta”. Fu una cerimonia carica di tante aspettative, un sogno, dopo 17, che si concretizzava tra l’ammirazione dell’allora sindaco Sandro Bartolomeo e del neo arcivescovo di Gaeta, Monsignor Luigi Vari.
“La Casa Giusta”, in effetti, si chiamava il bando, promosso dall’allora amministrazione comunale, per rendere fruibile, sul piano sociale, una monumentale villa di quasi 900 metri quadrati realizzata in riva al mare, su un terreno di 2333 metri quadrati, in località Acquatraversa a Formia, un tempo di proprietà dell’ex vice-sindaco democristiano di Santa Maria Capua Vetere contiguo con il clan camorristico dei Casalesi. Non sono trascorsi neanche tre anni ma il progetto, concepito per rilanciare la gestione di un bene di cui il comune è proprietario dal 2000 dopo la confisca, è in affanno. Due delle associazioni, l’”Aquilone” e “Nuovo Orizzonte” di Formia, che diedero vita all’associazione temporanea di scopo (la terza era ed è la cooperativa sociale “Alternativa Silos” di Guidonia) hanno rinunciato a sorpresa – o almeno – a svolgere il proprio compito che è decisamente sensibile e serio. Secondo i propositi delle tre realtà associative si voleva dare vita ad un integrato “laboratorio sociale” capace di dare risposte concrete ad esigenze attuali e reali: immigrazione, minori, diversamente abili. Andarono oltre. Dissero che la villa di via San Giovanni Paolo II non vuole essere più un luogo “privato” ma …“Una casa giusta” per diventare nei prossimi sei anni un punto di riferimento per tutti, per essere al fianco di chi ne ha bisogno e , soprattutto, “…senza fini di lucro”.
Di questo clamoroso forfait è stato messo a conoscenza il neo Prefetto di Latina Maurizio Falco l’associazione della “Comunità del Lazio meridionale e delle isole pontine”, interessato a conoscere il futuro di quelle attività per le quali la villa sul mare dell’ex sindaco camorrista di Santa Maria Capua Vetere. Interrogativi sono stati posti anche al sindaco di Formia Paola Villa, alla delegata ai Servizi Sociali Rossana Berna, al Presidente del Consiglio Comunale Pasquale Di Gabriele e al Segretario Comunale Alessandro Izzi, invitati a rendere pubblici tutti gli atti che questa “Ats” era obbligata a sottoscrivere e a trasmettere al comune. Sono stati chiesti anche i risultati che in questi 3 anni di gestione l’immobile confiscato alle mafie avrebbe dovuto rendere come servizio alla comunità, se e quali ispezioni, accertamenti d’ufficio e richieste documentali siano stati eventualmente effettuati dal Comune in virtù del potere/dovere di controllo che andava esercitato sul bene, anche a norma di regolamento comunale sui beni confiscati, approvato dalla precedente Amministrazione e del Contratto di concessione stipulato con l’Ats. A redigere quel bando all’epoca furono due avvocati impegnati nell’amministrazione di centro sinistra, la delegata alle pari opportunità e al recupero dei beni confiscati alla criminalità organizzata, Patrizia Menanno ed il presidente della commissione bilancio Giuseppe Bortone.
A prendere ora di nuovo carta e penna e a scrivere al Prefetto Falco e ai vertici dell’amministrazione formiana è stato proprio l’avvocato Menanno per conto dell’associazione della “Comunità del Lazio meridionale e delle isole pontine”: “Le finalità sociali del bene impongono la massima trasparenza nei fatti che hanno regolato anche i rapporti interni tra le tre associazioni concessionarie nonché i rapporti con il Comune di Formia che avrebbe dovuto vigilare sull’esatto adempimento delle condizioni pattuite nella Convenzione”. L’avvocato Menanno su un punti è irremovibile: “La confisca dei beni è uno degli strumenti più importanti per il contrasto alla criminalità organizzata ma lo è ancor più il loro utilizzo trasparente da parte degli enti locali. Dopo l’emissione di un nuovo bando, unitamente alla concessione dell’immobile, occorre tenere conto di quanto accaduto per non reiterare gli errori che hanno comportato l’attuale chiusura”. O almeno…