FORMIA – E’ in libreria dal 31 ottobre ma già a giugno si era fregiato del premio nazionale “Bukowski”. Già quello fu un record. Ma Simone Pangia, per quindici anni apprezzato e scrupoloso collega, è abituato a queste imprese letterarie. La sua ultima fatica, “Il vizio delle cose pure”, attende ora i dovuti riscontri del grande pubblico che sicuramente non tarderanno ad arrivare per consolidare anche l’ottimo rapporto che il 43enne funzionario del comune di Formia e responsabili dei servizi sociali e delle biblioteche comunali ha instaurato da tempo con una casa editrice, “Giovane Holden”, che storicamente è una fucina di giovani talenti. E Simone è uno dei questi, già da quando, coltivando la sua grande passione che è sempre stata la scrittura, nel 2008 pubblicò per Manni editore il romanzo breve “La Salita”.
Il romanzo di Pangia, napoletano di nascita ma formiano d’azione con una laurea con il massimo dei voti in lettere moderne presso l’Università Federico II di Napoli con una tesi in Filologia Dantesca, è acquistabile in tutte librerie italiane e online sul sito web della casa editrice e avvale della prefazione di Carmina Trillino, vice sindaco e assessore alla cultura del comune di Formia. Esordisce affermando come il vizio sia una “parola sfuggente, a tratti nebulosa, passaggio da un difetto fisico al difetto in astratto; il vizio ci allontana dalla perfezione.” Pure, invece, una parola genuina, autentica, senza possibilità di fraintendimenti: la purezza è essenza senza contaminazioni. Due parole antitetiche in un titolo per un romanzo dove centrale è il tema del gemello, il topos del doppio”. Per l’assessore alla cultura del comune nel romanzo di Pangia il tema del doppio aumenta sensibilmente “lo spessore drammatico del simbolismo legato ai gemelli che si trovano a rappresentare l’impossibilità di reductio ad unum. I protagonisti saranno portatori non sani della complessità, e perfino della contraddittorietà, dolorosa e infausta, di ogni identità. La figura “naturale” dei gemelli, ovvero della replica di un individuo, apre una crepa nell’idea di identità, di originalità e univocità; i personaggi, la voce narrante di Ferdinand in primis, sono un monologo aperto al tema di chi vive la contraddizione e il solco nell’anima”.
L’assessore Trillino si pronuncia anche sulla bontà dell’autore del romanzo: “A tratti senza respiro, mantiene un ritmo alternato e doppio: lento, ma non ripetitivo, quando si rivolge al passato, incalzante, ma non frenetico, quando il presente tende al distopico”. Definisce l’ultima fatica letteraria di Pangia “di rottura” con una trama che “seppur sdoppiata mantiene la sua linearità”. Per Carmina Trillino l’autore non scivola mai nell’ovvio, “anzi induce il lettore a una lettura duale, duale nel suo primario significato greco: figura intermedia, tra singolare e plurale, vissuta nell’uno e nel doppio. Scenari che si aprono a diverse letture, fermo il sentimento di trovarsi sdoppiato: collegamenti strutturati nella lingua, mai banale, e negli argomenti che, seppur noti, assumono alla lettura con un approccio inedito.”. La prefazione si conclude con un’affermazione forte. Quello di Pangia è un “romanzo sperimentale, ma con radici profonde nella letteratura di introspezione; scrittura curata e attenta ma che osa e a tratti schiaffeggia l’anima e il pensiero. La ricerca del vero, che in letteratura può essere e resta sempre, secondo la lezione del Manzoni, solo e sempre verosimile: mai perdere nel vissuto e nel pensato il vizio della purezza. Altamente apprezzabile per originalità questa prova dell’autore. Alla lettura risalta l’intento di sperimentare nuove vie per un tipo di letteratura, la distopica, non più fine ma mezzo verso nuove argomentazioni e mutazioni di scenari che portano a conoscenza”.
INTERVISTA Simone Pangia, scrittore