“La preoccupazione che mi ha sempre animato durante tutta la mia gestione è stata quella di evitare che nell’associazione entrassero persone che godono di una cattiva reputazione, affaristi, opportunisti e spie”.
Elvio Di Cesare lascia l’incarico di segretario dell’associazione nazionale antimafia “Antonino Caponnetto”. Sedici anni costruiti con un’attività intensa, lontana dalla mera facciata, fatta di numerosi esposti, denunce, interrogazioni parlamentari, convegni, “sempre e solo al servizio del Paese e della Giustizia”, ai quali ripensa ponendo l’accento su quanto sia stato difficile non solo portare avanti gli intenti dell’associazione, ma anche la salvaguardia della stessa.
A prendere il suo posto, dopo la riunione del 29 novembre, durante la quale è stato eletto il nuovo consiglio direttivo nazionale, c’è Simona Ricotti – da Di Cesare stesso definita una “bandiera dell’antimafia”. Accanto a lei tre vice-segretari: Alfredo Galasso, Francesco De Notaris e Stella Dante, mentre è andato a Bruno Fiore l’incarico di segretario amministrativo e contabile.
Ci sono poi Salvatore Carli, responsabile per la Campania; Romano De Luca per il Molise; Sabrina Nanni per l’Abruzzo; mentre è a cura di Giuseppe Ciliberto il settore “Testimoni di giustizia”; responsabile per l’Estero il formiano Paolo Costa, per la stampa l’altro formiano Gennaro Varriale. Ad arricchire il gruppo ci sono anche: Giuseppe Schiattarella, Felicia D’Amico, Silvio D’Amante, Vittorio Marzullo.
E, tanti anni vissuti tra “paure, ansie, minacce, delusioni, tradimenti, ma anche tante soddisfazioni” vissute, spesso, alla luce di un’abatojour accesa nelle tante notti trascorse a confezionare relazioni, esposti, dopo aver raccolto ed elaborato notizie, non potevano non consegnare Elvio Di Cesare alla nomina di Presidente onorario della “Caponnetto”.
Una “lotta” alla criminalità, la sua, serrata fatta di “un impegno gravoso e difficile che richiede – come ci racconta l’ex-segretario – forti motivazioni, ideali e un non comune senso dello Stato e della comunità perchè non si scherza con la vita delle persone. Quando vai dal magistrato o in un ufficio investigativo non puoi portare trattati di sociologia o di storia, ma nomi e cognomi ed è difficile, quando fai un’indagine, districarti in una rete di nomi falsi e di prestanome il più delle volte ‘puliti’ e senza precedenti penali, ma dietro i quali possono nascondersi delinquenti, camorristi e mafiosi”.
Un’associazione che l’ex-segretario Di Cesare ha sempre “protetto” dai tanti che avrebbero voluto piegarla ad interessi meno nobili di quelli perseguiti, come anche da Statuto, “perchè – ci spiega – ci sono tanti che si iscrivono per motivi di carriere e per acquisire titoli. La sigla dell’associazione Caponnetto fa gola a molti per motivi estranei ai fini che perseguiamo e del tutto personali. Sono quelle persone che chiedono senza dare un pur minimo contributo sul piano delle attività”.
Infine, all’ormai Presidente onorario dell’associazione “A.Caponnetto” è venuto spontaneo aprire un po’ il cuore e confidarci: “Dire che non mi sia dispiaciuto lasciare sarebbe falso; l’altro giorno alla fine della videoconferenza dell’assemblea, ho visto amici ed amiche con gli occhi lucidi e confesso che ho pianto anche io.
Elvio non lasciare, mi hanno detto;
No, non vi lascio, ho risposto – ma andato via Bruno, mi sono trasferito nella camera da letto ed ho pianto a lungo a dirotto”.