“I virus sono gli unici rivali nel controllo del nostro pianeta. Dobbiamo essere attenti a tenere il passo con loro”. Con questo adagio di J. Lederberg, il Dott. Amato La Mura, tra i primi a sottoporsi alla somministrazione del vaccino contro il Covid-19, ci racconta la sua esperienza di adesione alla procedura. Era il 29 dicembre. Dopo qualche giorno, sarebbe stata la volta del Dott. Sandro Bartolomeo e poi ancora del Dott. Maurizio Tallerini e della Dott.essa Laura Lippolis.
Sono quattro esperienze raccolte per offrire una testimonianza diretta di questa prima fase della campagna vaccinale in un clima fatto di entusiasmi, perplessità e raccomandazioni. Un’atmosfera critica tanto quanto speranzosa, tipica di una società che – funestata dal quadro pandemico – dovrà via via inevitabilmente misurarsi con l’esercizio del libero arbitrio nella scelta di sottoporsi o meno alla ricezione del vaccino.
La procedura, infatti, non è obbligatoria, d’altro canto bisogna tener conto che – allo stato dei fatti – però è l’unica arma a disposizione per mettere in un angolo un virus che tiene in scacco il mondo da mesi. Risiede, dunque, nelle nostre mani, intese come criterio, coscienza e consapevolezza, il ritorno ad una vita non più determinata dai dettami delle norme anti-contagio, non meno di quanto non fosse già nella nostra responsabilità la diffusione del virus limitata principalmente dal corretto uso dei dispositivi di sicurezza e dal rispetto del distanziamento sociale.
Tra i primi dieci della Regione Lazio ad aver ricevuto il vaccino c’è il Dottore Amato La Mura, attualmente tra coloro che si occupano della campagna di vaccinazione che si sta svolgendo all’ospedale “Dono Svizzero” di Formia che, in questa prima fase, dovrà procedere alla somministrazione di circa 950 vaccini in tutto il comprensorio del Sud Pontino. “Ne ero convinto già dall’inizio” – racconta della sua scelta di vaccinarsi il Dott. La Mura, specializzato in “Infettivologia” e attualmente Direttore Day Service multidisciplinare di Gaeta – “stiamo procedendo speditamente con unità vaccinate in aumento di giorno in giorno”.
In occasione della sua vaccinazione il Dottor La Mura – come altri in seguito e con lo stesso presupposto – ha immortalato e condiviso il momento sul suo profilo social. “Mi hanno criticato perchè mostro la pancia, la canottiera, additandomi come esibizionista, in realtà io l’ho fatto solo per dare il buon esempio e sensibilizzare le persone alla fiducia in questa che è l’unica speranza per tornare a riabbracciarci. La gente, questo, lo deve capire”.
Il 2 gennaio è stata la volta di un altro medico. L’ex-sindaco di Formia, Sandro Bartolomeo, che in quanto consulente per la Neuropsichiatria infantile dell’ospedale “San Raffaele” di Cassino e lì che si è sottoposto all’iniezione della prima dose nel giorno del suo compleanno, considerandolo un vero e proprio “regalo”.
“Io credo – afferma convintamente il Dott. Bartolomeo – che in questa fase non ci debbano essere dubbi sulla vaccinazione e sul fatto che sia il più valido strumento a disposizione per combattere la pandemia. Per noi medici, in particolare, bisognerebbe avvertirlo – come è per me – come un obbligo morale. Noi dobbiamo proteggere noi stessi, la salute di decine e decine di persone che incontriamo e – in questo momento – convincere quanta più gente possibile a fare la vaccinazione. Ecco perchè io, non appena mi è stato chiesto di dare il consenso nella struttura in cui opero, ho aderito alla proposta”.
Approfittando della capacità di diffusione dei social anche egli ha approcciato alla consuetudine di fotografare il momento della somministrazione della prima dose; d’altro canto l’ex-Sindaco, 72enne, ha una memoria storica tale da ricordare quanto l’importanza dei vaccini sia conclamata da epidemie trascorse e superate, come quella della metà degli anni cinquanta, da “Poliomelite”. Era ancora bambino, eppure, i suoi genitori “terrorizzati” appena fu disponibile il primo vaccino – “gocce amare su una zolletta di zucchero” – ne vollero la somministrazione per lui e suo fratello, ponendoli così a riparo dalla paralisi da polio degli arti inferiori di cui suoi diversi amici sono rimasti, invece, vittime.
“Come si fa a non capire – conclude il Dott. Bartolomeo – che abbiamo perso in un anno molte più persone che se ci fosse stato un conflitto bellico? L’Italia è arrivata a quasi 80mila morti. Come si fa a non capire che c’è stata una strage di persone fragili, che – per fortuna – ha risparmiato i bambini?!”.
Si è già sottoposto alla vaccinazione contro il Covid-19 anche il Dott. Maurizio Tallerini, coordinatore delle attività del Pat Gaeta e Minturno e coordinatore dei medici unità “ Udi Covid Gaeta”. Il 3 gennaio è stato il suo turno per la prima dose di vaccino e abbracciando diversi punti di vista – non solo quello di medico, ma anche di lavoratore fragile – racconta: “secondo scienza e coscienza, mi sono accreditato subito in piattaforma per vaccinarmi. Lavoro in reparto a rischio e per di più sono lavoratore fragile, quindi per me e per gli altri non ho esitato a vaccinarmi. Sono un semplice operatore sanitario, ma sono orgoglioso – anche se in milionesima parte – di contribuire alla sconfitta del virus”.
Nello stesso giorno anche la scelta pro-vaccino della Dott.essa Laura Lippolis ha trovato compimento. Nel raccontare la sua esperienza, la Responsabile UOS Assistenza farmaceutica Centro-Sud ha considerato in primis “il clamore mediatico, tutto il tam tam sugli effetti collaterali, la predisposizione alla paura creata proprio da questa pandemia” e dunque i “dubbi emotivi più che razionali”.
“Il vaccino intanto è sicuro” – spiega, ritenendolo opportuno, la Dott.essa Lippolis – “basato su tecniche di ingegneria genetica che lo rendono sicuro e soprattutto innovativo. Non viene inoculato vaccino vivo o attenuato (procedura che del resto da qualche anno non si usa più) , nè un vettore virale, ma RNA Messaggero che viene codificato in proteine riconosciute dal nostro organismo come estranee e attiva una risposta anticorpale efficace ad evitare la malattia da coronavirus”.
Così sabato 3 gennaio anche per lei è arrivata l’iniezione della prima dose e “domenica mattina al risveglio – racconta ancora – consapevole di non aver avuto alcun tipo di effetto collaterale, esclusa una lieve dolenzia nel muscolo dove mi è stato somministrato il farmaco, mi sono sentita una privilegiata e una pioniera di una nuova tecnologia che potrà essere utilizzata per tantissimi altri tipi di vaccini e farmaci. Ho provato una sensazione di benessere e appartenenza”.
“Noi operatori sanitari – conclude la Dott.essa Lippolis – ci siamo sentiti davvero stanchi e demotivati in queste ultime fasi. Ma se prima provavamo un senso quasi di sconfitta rispetto alla malattia e alle sue inevitabili conseguenze su alcuni pazienti, oggi finalmente iniziamo a provare un sentimento meraviglioso, che è quello gioioso con cui mi sono svegliata domenica: la speranza”.