GAETA – Il sangue pontino continua ad uccidere. Soprattutto quello infetto degli anni ’70 all’ospedale “Dono Svizzero” di Formia . Una delle ultime vittime è stata una donna di Gaeta morta nel 2019 per una epatite C post-trasfusionale degenerata prima in cirrosi epatica e poi in tumore al fegato. Per la Commissione Medico Legale di Roma – destinataria di un ricorso amministrativo dell’avvocato Renato Mattarelli per l’ottenimento di assegno una tantum di 77.468 euro previsto dalla legge n. 210/1992 in favore dei familiari delle vittime di sangue infetto – non ci sono dubbi: la morte della donna di Gaeta è stata conseguenza delle trasfusioni infette.
Fra il 1970 e 1978 alla donna, al tempo 50enne, le vennero somministrate diverse trasfusioni presso ospedale Dono Svizzero di Formia. Solo dopo 40 anni, all’ormai anziana donna (che fino a quel momento godeva di ottima salute) venne diagnosticata l’epatite C nel 2009. Da allora la salute della oramai ottantenne (sopravvissuta alla guerra e a difficile vicissitudini compresa la morte di un figlio) degenerò con la repentina trasformazione dell’epatite C prima in cirrosi e poi in tumore al fegato. La donna si era rivolta subito all’avvocato Mattarelli chiedendo ed ottenendo, da subito, l’indennizzo in vita di circa 750 euro mensili previsto dalla legge numero 210/1992 e, successivamente dopo una lunga battaglia giudiziaria, un risarcimento di circa 450mila euro dalla Corte di Appello di Roma.
L’avvocato Mattarelli ricorda come la donna, oramai 90enne, era felice della vittoria e che con i soldi ottenuti desiderava fare un lunga crociera nel mediterraneo con le figlie ed i nipoti. Purtroppo, le cose sono andate diversamente perché il tumore, oramai avanzato, non le ha lasciato scampo e nel 2019 la donna è morta.