SUD PONTINO – Vanno meglio formulati i capi d’imputazione per Arianna Magistri, l’impiegata di Formia accusata di aver provocato il 16 giugno 2016, al termine dell’ennesima lite dopo due anni di atti persecutori, la morte di Anna Lucia Coviello, la collega di 63 anni di Terracina con cui lavorava presso l’ufficio postale di Sperlonga.
La difesa della donna 45enne, che strattonò e provocò la caduta della vittima all’interno del parcheggio multipiano di Sperlonga provocandole diverse fratture del cranio e una vasta emorragia, ha chiesto ed ottenuto che di questo tragico episodio si occupino ora le sezione riunite della Corte di Cassazione. A deciderlo, a sorpresa, è stata la quinta sezione penale della stessa Suprema Corte raccogliendo le perplessità avanzate dalla difesa della Magistri secondo la quale è impossibile contestare sia l’aggravante dello stalking che lo specifico reato di atti persecutori. Se venisse confermato questo scenario procedurale Arianna Magistri in caso di condanna subirebbe – secondo la sua difesa – una doppia condanna per lo stesso reato in considerazione dell’assenza della volontarietà dell’omicidio.
La Magistri al termine del rito abbreviato venne condannata dal Gup del Tribunale di Latina Mara Mattioli a 16 anni di carcere, sentenza rivista dalla Corte d’assise d’appello che assolse la donna dall’accusa di stalking. Ma, dopo la derubricazione dell’omicidio volontario in omicidio preterintenzionale, venne condannata a sei anni di carcere. Quest’ultima sentenza d’appello venne annullata, però, dalla Cassazione che chiese ed ottenne un processo bis di secondo grado al termine del quale la Magistri rimediò una condanna a 15 anni e 4 mesi di carcere con l’originario reato di omicidio volontario.