Formia è sullo sfondo di una brillante operazione della Guardia di Finanza di Livorno contro una maxi frode internazionale in conseguenza della quale sono stati sequestrati, tra Napoli e Milano, patrimoni per 36 milioni di euro a carico di quattro tra imprenditori e commercialisti attivi nel commercio di minerali metalliferi e metalli ferrosi.
Secondo l’accusa formulata inizialmente dalla Procura del capuologo labronico e poi da quella di Napoli non sarebbero state versati 36 milioni di euro da parte di 62 società, 48 italiane e 14 estere, all’erario. Il via alle indagini da parte delle Fiamme Gialle c’era stato perché una di queste imprese fantasma, componenti dell’organizzazione destinataria del decreto di sequestro del Gip del Tribunale di Livorno, era guidata da un insospettabile cittadino di Formia.
Si attivarono anche le Fiamme Gialle del locale gruppo che evidenziarono un’altra verità: quell’impresa sospetta di Milano era stata costituita a seguito del furto dei documenti di identità del cittadino, molto anziano, residente a Formia. Quest’ultimo dimostrò ben presto la sua estraneità all’intera inchiesta che, denominata “Metal Ghost”, ha consentito di sequestrare conti correnti, partecipazioni societarie, immobili e automezzi nei confronti dei responsabili di una maxi frode fiscale.
I quattro indagati, reiteratamente nel corso degli anni, hanno realizzato un enorme giro di fatture false, del valore medio di circa 1 milione per ciascuna società relativamente a operazioni di vendita, acquisto e trasporto via gomma o via mare di metalli del tutto inesistenti per un importo complessivo di oltre 760 milioni di euro, evadendo l’Iva per 33 milioni di euro nonché l’Ires per 3 milioni di euro.La maxi frode internazionale che ha coinvolto realmente, tra le altre, due società laziali e, all’estero, realtà imprenditoriali in ogni angolo d’Europa, in Gran Bretagna, Svizzera, Repubblica Ceca, Croazia, Romania, Ungheria, Polonia, Bulgaria.
Le indagini, condotte più precisamente dalla compagnia della Guardia di Finanza di Piombino, di concerto con il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Livorno e avevano fatto emergere l’esistenza di un sodalizio criminale campano principalmente operante su Napoli, Livorno e Milano, che aveva ideato e messo in opera un complesso sistema fraudolento, ora smantellato, finalizzato alla commissione di frodi fiscali transnazionali. Per realizzarle questo consorzio criminale si è avvalso di una “pioggia” di società senza disporre di magazzini né di strutture logistiche proprie ricollegabili a traffici con miniere. È stato calcolato che, in base alle fatture, gli indagati avrebbero dovuto movimentare oltre 23.000 tonnellate di minerali, una mole di scambi inverosimile per tipologie di prodotti così rare.
In particolare, secondo quanto ricostruito dagli investigatori della Gdf, sul territorio dell’Unione europea era stato costituito un gruppo di imprese ”fantasma” che fatturavano fittiziamente colossali traffici di materiali siderurgici (ferro-molibdeno e triossido di molibdeno, utili a indurire e prevenire la corrosione dell’acciaio), a supporto dei quali tuttavia gli investigatori non hanno trovato idonea documentazione né adeguate movimentazioni finanziarie. I finanzieri di Livorno hanno scoperto la frode partendo dalla verifica delle operazioni commerciali di due delle aziende appartenenti al cosiddetto ‘carosello’, che avevano il ruolo di ‘cartiere’, con sede nella provincia di Livorno (una srl a Campiglia Marittima e una ditta individuale San Vincenzo). I militari delle Fiamme Gialle hanno poi tracciato le fatture per operazioni inesistenti, verso imprese sia estere sia nazionali, utilizzate quali ‘letter box company’ (letteralmente, società inesistenti delle quali è possibile trovare solo la cassetta della posta).
I finanzieri hanno scoperto via via sempre nuove società appartenenti al ‘carosello’, le quali portavano avanti il vorticoso giro di fatture false. Con ciò, gli imprenditori coinvolti consentivano alla cosiddetta spa capofila del carosello, avente sede legale a Napoli e sede operativa a Milano, di creare crediti Iva da utilizzare in compensazione nelle liquidazioni Iva; costituire un plafond Iva annuale da spendere in dogana ovvero presso fornitori nazionali per effettuare acquisti senza l’applicazione dell’Iva; legittimare la commercializzazione di metalli di dubbia provenienza, rivendendoli a prezzo di costo grazie al plafond fittizio.
I principali attori di questa organizzazione sono quattro uomini di origini partenopee, due di 49 e 58 anni residenti in Svizzera, incaricati della gestione occulta della società capofila, un commercialista di 57 anni residente in Lacco Ameno (Napoli) che curava gli aspetti tecnici e amministrativi e un ”esperto del settore” di 66 anni, residente a Basiglio (Milano), operante quale imprenditore palese nei rapporti con i terzi.
La condotta criminale ipotizzata dalla Procura della Repubblica di Napoli e confermata dal Gip è l’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali, tra cui l’emissione e l’utilizzo di fatture false, l’indebita compensazione di crediti d’imposta inesistenti e l’occultamento delle scritture contabili. Contestata anche la responsabilità amministrativa per il reato associativo commesso dagli amministratori della società capofila del ‘carosello’.