MINTURNO – Ha atteso qualche giorno per rendere pan per focaccia. Il suo gesto conferma l’esistenza di una palese conflittualità all’interno del suo partito motivo per il quale lo stesso sindaco Gerardo Stefanelli non lo considera più affidabile in proiezione di una probabile conferma alla guida del palazzo di piazza Portanova. Le dimissioni di Matteo Marcaccio da capogruppo del Partito Democratico non hanno un effetto dirompente nell’attuale gestione della consiliatura ormai agli sgoccioli. Ma lo potrebbero avere in prospettiva futura e, ancor prima, nella definizione della coalizione che il sindaco Stefanelli sta allestendo per succedere a se stesso.
Che si sia rotto un vaso colmo di lacerazioni e di divisioni all’interno del Pd l’ha denunciato ed evidenziato lo stesso Marcaccio motivando la decisione di lasciare la guida del Pd in consiglio. In effetti è apparsa prevedibile in rapporto a quanto verificatosi lo scorso il 7 giugno in un consiglio comunale ai titoli di coda. Il direttivo Dem in precedenza aveva indicato proprio Marcaccio alla presidenza dell’assemblea in sostituzione di Giuseppe Tomao, dimessosi (a fatica) per il suo personale e diretto coinvolgimento nella delicata inchiesta della Procura di Repubblica nella ‘concorsopoli’ dell’Asl pontina.
Il nome di Marcaccio, fedelissimo del consigliere regionale Pd Enrico Forte, era stato platealmente bruciato dal resto del gruppo consiliare, quasi interamente ad immagine e somiglianza del segretario provinciale Claudio Moscardelli. Il dimissionario presidente Tomao ha voluto compiere un’azione muscolare che per molti addetti ai lavori potrebbe rivelarsi inutile. L’elezione alla presidenza del consiglio della promotrice assicurativa Paola Graziano, eletta con una valanga di voti alle amministrative del 2016 grazie al ticket del futuro presidente del consiglio comunale Tomao, ha confermato la forza elettorale di Tomao nei rapporti all’interno del Pd ma paradossalmente ha indebolito il potere contrattuale degli stessi Dem in rapporto alla ricandidatura di Gerardo Stefanelli.
Marcaccio con le sue dimissioni l’ha messo in chiaro dopo aver accettato “per spirito di responsabilità” l’elezione della Graziano alla presidenza del consiglio perché le scelte della maggioranza di una partito – aveva detto – si possono anche non condividere ma vanno sempre rispettate. Il 24enne capogruppo (ormai ex) del Pd è rimasto in silenzio per dieci giorni. Ora lancia una serie di accuse dalle quale non è stato esentato lo stesso segretario minturnese del Pd Franco Esposito che, vicinissimo alle posizioni del sindaco Gerardo Stefanelli, è stato accusato apertamente di non aver fatto rispettare dal gruppo consiliare l’orientamento, unanime, scaturito dal direttivo Dem.
Le parole di Marcaccio rasentano quasi una forma di fallimento politico: “La consiliatura volge ormai al termine e avrebbe dovuto vederci impegnati per essere all’ altezza di un “Progetto per il futuro”– ha osservato l’ormai ex capogruppo del Pd di Minturno – Quello attuale è un momento in cui gli elettori non nutrono sufficiente fiducia in una classe dirigente in parte improvvisata e saltellante ed in parte ripiegata su lotte correntizie esasperate come nel caso del Pd. Il comitato direttivo comunale del Pd, preso atto delle dimissioni di Giuseppe Tomao e formulando motivazioni e criteri politici, aveva indicato il mio nome, per la presidenza del consiglio comunale. Poi, successivamente, invece il gruppo consiliare a maggioranza ha voluto imporre un’ altra scelta. Le regole sono alla base di una comunità e ne diventano sostanza politica”.
Ma Marcaccio attacca frontalmente la componente Moscardelliana del Pd che gli ha impedito di guidare, seppur per pochi mesi, il consiglio comunale di Minturno: “Le ragioni della vera politica – aggiunge – hanno una logica coerente, che non consente considerazioni di comodo. Questo mi impone di dimettermi da capogruppo consiliare del Pd per rispetto verso me stesso, le istituzioni democratiche e i miei elettori. Ho atteso la prima riunione utile del direttivo del Pd per dimettermi. Ho formalizzato la mia decisione, che è irrevocabile, allo stesso organismo che aveva indicato il mio nome per la presidenza del consiglio. Se il gruppo consiliare del Pd ha deciso di non condividere quella scelta del direttivo perché dovrei continuare a guidarlo?”
Cosa succederà ora è difficile dirlo. Il cerino, acceso, è tra le mani del segretario Franco Esposito al quale Marcaccio fa sapere che “Il mio è un atto di fiducia verso la buona politica che continuerò a servire da consigliere comunale e con maggior impegno sui temi che mi stanno a cuore, come quello della legalità”. Attende di conoscere l’esito di questa verifica interna al Pd anche il sindaco Gerardo Stefanelli. Vuole capire se fare affidamento su un Pd unito o, in alternativa, allargare il perimetro della sua coalizione agli azzurri di “Moderati per Minturno” del capogruppo Massimo Signore, della mancata presidente del consiglio comunale Maria Di Girolamo e l’avvocato Mauzio Faticoni. Il sindaco, perplesso di questa perdurante instabilità politica del suo partito di maggioranza alternativa, “tifa” perché il Pd si atomizzi ulteriormente. Nascerebbero due liste civiche, costrette ad sostenere la ricandidatura del funzionario dell’amministrazione provinciale. Per Stefanelli un Pd debole sarebbe sinonimo, invece, per una sua maggiore forza contrattuale in considerazione di nuovi e prossimi arrivi.
Ma la forza centripeta di Stefanelli ha un altro bersaglio: la Lega dell’ex consigliere regionale azzurro Romolo Del Balzo. Dopo aver provato a resettare la candidatura sindaco dell’avvocato Pino D’Amici di Fratelli d’Italia e trovare un’eventuale sintesi con la proposta avanzata dal Carroccio (il capogruppo Massimo Moni), Del Balzo ha chiesto una pausa di riflessione. Potrebbe culminare in due soluzioni: confermare ugualmente la sfida di Moni in un centrodestra decisamente frammentato oppure ritirarla con la scelta – sarebbe stata auspicata dal Senatore e coordinatore regionale di Forza Italia Claudio Fazzone – di dar vita ad una lista civica per sostenere la ricandidatura di Gerardo Stefanelli. A quel punto si riproporrebbe una pagina cardine della Bibbia: muoia Sansone con tutti i Filistei.