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Sud Pontino / Touch&Go: riprende il processo, ma è stato impossibile trascrivere le intercettazioni

SUD PONTINO – Un compito non assolto in tempo perchè è stato impossibile trascrivere le chilometriche intercettazioni telefoniche ed ambientali per due ordini di motivi: per la loro lunghezza e soprattutto per la loro incomprensibilità. Gli interlocutori hanno parlato in dialetto in maniera così stretta che è stato complicato definire il contenuto delle loro conversazioni.

E’ ripreso con questo incredibile colpo di scena il processo che si sta celebrando davanti il Tribunale di Cassino nell’ambito dell’inchiesta anti droga “Touch & Go” che ha permesso il 1 luglio 2020 ai Carabinieri della Compagnia di Formia e del Comando provinciale di Latina di sgominare, sotto il coordinamento della Dda di Roma, un sodalizio criminale che dal 2015 in poi, avrebbe coordinato a Formia e a Scauri un collaudato sistema specializzato nello spaccio di cocaina, hashish, marjuana e shaboo per conto di due clan dominanti nel quartiere napoletano di Secondigliano, i Licciardi prima e, dopo la sua trasformazione, i “Sacco Bocchetti” poi.

Il presidente del collegio giudicante, il giudice Marco Gioia, ha fatto fatica a celare il proprio disappunto dopo che due perite foniche nominate dallo stesso Tribunale aveva comunicato l’impossibilità di aver trascritto le intercettazioni telefoniche sul conto degli 11 indagati – – Giovanni Nocella, Giuseppe Leone, Francesco Leone, Domenico De Rosa, Giuseppe De Rosa, Marco Barattolo, Armando Danilo Clemente, Giancarlo Di Meo, Daniele Scarpa, Raffaella Parente e Giuseppe Sellitto – che hanno deciso di farsi processare con il rito ordinario. Il termine del giudice Gioia è stato perentorio: vuole avere una copia delle intercettazioni effettuate dai Carabinieri di Formia entro ed non oltre il 1 settembre prossimo. Comunque prima del 9 settembre quando il processo riprenderà con l’audizione di due ufficiali di polizia giudiziaria dei Carabinieri della Compagnia di Formia che svolsero le indagini.

Secondo la tesi della Dda l’intera organizzazione aveva arruolato una serie di pusher, non solo di Minturno, ma anche di Formia, Gaeta e Sessa Aurunca, considerati di provata affidabilità e di esperienza nel remunerato attività dispaccio al minuto. A loro la droga necessaria per rifornire un mercato che appariva essere sempre più esigente – da qui il nome dell’operazione dei Carabinieri “Touch & go”, “prendi e vai” durante la stagione turistica e nei periodo festivi arrivava direttamente da Secondigliano e finanche dalla Spagna. Naturalmente i tossicodipendenti in ritardo con i pagamenti venivano minacciati e aggrediti e questo gruppo criminale era abile, se proprio necessario anche a ricorrere all’uso di armi e di materiale esplosivo. I Carabinieri, eseguendo le 22 misure restrittive, avevano anche sequestrato, oltre a 450 grammi di cocaina, 350 di marijuana, 100 di shaboo e a 9 chilogrammi di hashish, una pistola calibro 9X21 risultata rubata ma completa di caricatore e di 13 proiettili, due ordigni esplosivi di produzione artigianale mentre ad uno degli arrestati di Napoli è stata rinvenuta e sequestrata una pistola calibro 44 magnum con matricola abrasa, ma munita di 10 proiettili.

Soltanto lunedì scorso era stata rinviata al prossimo 6 luglio la lettura della sentenza del processo che si sta svolgendo con il rito abbreviato davanti il Gup del Tribunale di Roma Angela Gerardi nei confronti dei 9 degli 20 imputati che hanno chiesto ed ottenuto di essere processati con questo rito. Il Pm della Dda di Roma Corrado Fasanelli nella sua requisitoria aveva chiesto quasi 95 anni di carcere e, secondo le sue risultanze investigative, sarebbero stati i fratelli Scotto a capitanare e gestire questo sodalizio criminale che avrebbero compiuto altri reati: dalla detenzione di armi e materiale esplodente alle lesioni, dalle minacce alla violenza, aggravata dal fatto di aver agito con metodo mafioso.

La sentenza del 6 luglio è attesa ora anche per Stefano Forte, di Minturno, per il quale (è difeso dall’avvocato Massimo Signore) è stata chiesta una condanna a 18 anni e 8 mesi di carcere. Più lievi le richie-ste di condanna per gli altri imputati: due anni per Diego Camerota di Scauri, otto anni e quat-tro mesi per Carmine Brancaccio, sempre di Scauri, diciassette anni e quattro mesi per Amedeo Prete di Napoli, sedici anni e otto mesi per Michele Aliberti di Napoli, quattro anni per Valenti-no Sarno di Napoli e tre anni per Massimiliano Mallo, anch’egli di Napoli.

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