FONDI – Sono state ufficialmente riconsegnate ieri, nell’ambito di una cerimonia ufficiale, le teste di epoca romane trafugate dall’allora aula consiliare del Comune di Fondi nel 1979. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati alla città e alla stampa dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio di Napoli alla presenza del comandante della Compagnia di Terracina Francesco Vivona e del tenente Emilio Mauriello.
«Ci occupiamo di monitorare i canali illeciti di opere d’arte – ha spiegato il comandante del Nucleo Giampaolo Brasili – durante un recupero di arti e beni archeologici provenienti dal Palazzo D’Avalos, a Napoli, abbiamo individuato un mercante toscano che aveva un vero e proprio museo in casa. Grazie alla banca dati, che contiene oltre un milione e 300mila opere su cui indagare, siamo riusciti a fare il famoso match al 100%. Il riconoscimento, tuttavia, è avvenuto in due tempi in quanto le foto erano molto datate».
«La restituzione di queste teste – ha commentato il sindaco di Fondi Beniamino Maschietto – ci ricorda l’importanza e l’antichità delle nostre origini ma anche quanto il nostro territorio sia pieno di ricchezze storiche e archeologiche che continuano a riaffiorare o che, come in questo caso, tornano a casa dopo moltissimi anni. Avete ricevuto tanti grazie per il prezioso lavoro svolto – ha concluso rivolgendosi al comandante Brasili – ma l’augurio è che possiate riceverne tanti altri, dalla nostra comunità e dall’intera nazione».
L’assessore al Turismo e alla Cultura Vincenzo Carnevale, che ha fatto gli onori di casa introducendo i vari interventi durante la cerimonia e che ha seguito le indagini da vicino sin dal primo match, ha quindi dato la parola all’archeologo Alfredo Moraci, dal primo luglio direttore del Museo Civico di Fondi.
L’esperto ha spiegato come si tratti, in effetti, di due teste romane appartenenti ad epoche diverse: una raffigurante un fanciullo e risalente al III secolo d.C.; l’altra, di epoca imperiale, raffigurante un filosofo greco (molto probabilmente una copia romana di una statua greca).
«Sono ben visibili sia la pupilla che l’iride incise nel marmo – ha aggiunto – proprio questo elemento ci consente di datare la testa del fanciullo al III secolo d.C. Prima di tale epoca, come è evidente nel secondo reperto, raffigurante un filosofo greco (elemento desunto dalla lunga barba), le statue avevano la pupilla dipinta. Il ritratto del giovane romano presenta dei grandi occhi globulari, che indicano l’abbandono delle forme naturalistiche del corpo, a favore di una esaltazione della componente espressiva, data appunto dall’intensità dello sguardo. Gli occhi di quest’opera, come quelli di molte altre attribuibili allo stesso periodo, denotano un certo turbamento, forse generato dal periodo di grave crisi dell’impero. Nel III secolo, infatti, il mondo romano è caratterizzato da una forte instabilità sociopolitica, in parte determinata dal diffondersi delle prime epidemie registrate in Occidente».
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