SUD PONTINO – Mano pesantissima del Gip del Tribunale di Roma Angela Gerardi al termine del rito abbreviato nei confronti dei 10 degli 21 imputati che – secondo le risultanze investigative condivise dalla Dda – avrebbero fatto parte di un sodalizio che, dal 2015 in poi, per conto della camorra avrebbe spacciato fiumi di droga tra Formia, Scauri e Minturno. Se il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia della capitale Corrado Fasanelli aveva chiesto nella sua requisitoria aveva chiesto 95 anni di carcere, il Gip, nonostante lo sconto di una terza della pena, ne inferti molti più, 106 anni e due mesi
La condanna più pesante, 18 anni e mezzo, ha riguardato Domenico Scotto che, insieme al fratello Raffaele (16 anni e 8 mesi lei), avrebbe capeggiato una organizzazione sgominata il 1 aprile 2020 nell’ambito dell‘operazione “Touch & GO” per conto di due clan dominanti nel quartiere napoletano di Secondigliano, i Licciardi prima e, dopo la sua trasformazione, i “Sacco Bocchetti” poi.
Per la Dda di Roma il referente nel sud pontino di questo sodalizio è stato il minturnese Stefano Forte, condannato a 18 anni e due mesi di carcere, seguito da Armando Prete (17 anni di carcere) e Michele Aliberti,per lui una condanna a 16 anni e 2 mesi di reclusione. Più lievi le condanne per gli altri cinque imputati che hanno deciso di essere processati con il rito abbreviato: otto anni e 4 mesi di carcere per Carmine Brancaccio, tre anni per Valentino Sarno, Massimiano Mollo e Walter Palumbo mentre lo scaurese Diego Camerota è stato condannato a due anni e quattro mesi per il fatto di aver instaurato una collaborazione con i giudici.
Il Gip Gerardi ha confermato l’impianto accusatorio della Dda e, non applicando ad alcuni degli imputati le attenuanti generiche, non ha riconosciuto l’aggravante mafiosa relativamente a quattro episodi caratterizzati dall’uso delle armi e degli esplosivi. Il collegio difensivo, di cui hanno fatto parte gli avvocati Pasquale Cardillo Cupo e Massimo Signore, ha preannunciato ricorso in appello non appena saranno rese note le motivi della dura sentenza del Gip Gerardi.
Gli altri indagati finiti nei guai in occasione degli arresti operati a Formia il 1 luglio 2020 hanno deciso di essere giudicati con il rito ordinario da parte del Tribunale. Il processo riprenderò il 9 settembre. L’ultima udienza il 24 giugno i periti nominati dal giudice Gioia non avevano potuto ultimare il loro compito perché – a loro dire – sarebbe stato impossibile trascrivere le chilometriche intercettazioni telefoniche ed ambientali per due ordini di motivi: per la loro lunghezza e soprattutto per la loro incomprensibilità. Gli interlocutori hanno parlato in dialetto in maniera così stretta che è stato complicato definire le loro conversazioni.
Il presidente del collegio giudicante, il giudice Marco Gioia, aveva fatto fatica a celare il proprio disappunto dopo che due perite foniche nominate dallo stesso Tribunale avevano comunicato l’impossibilità di aver trascritto le intercettazioni telefoniche sul conto dei 12 indagati che hanno deciso di farsi processare con il rito ordinario. Il termine del giudice Gioia è stato perentorio: vuole avere una copia delle intercettazioni effettuate dai Carabinieri di Formia entro ed non oltre il 1 settembre prossimo. Comunque prima del 9 settembre quando il processo riprenderà con l’audizione di due ufficiali di polizia giudiziaria dei Carabinieri della Compagnia di Formia che svolsero le indagini.