MINTURNO – Le elezioni amministrative del comune di Minturno del 3 e 4 ottobre non potranno fare affidamento su quello che sarebbe dovuto essere un sicuro protagonista. O almeno. A questa conclusione è giunto il direttivo del Partito Democratico che dopo una serie di inutili e sterili conclusioni ha partorito una decisione che Tomao sapeva di dover ricevere dal giorno, quasi tre mesi, in cui il suo nome è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Latina con le ipotesi di reato di corruzione e violazione di segreto d’ufficio. Tomao per gli “aiutini” ricevuti avuti dal presidente della commissione di esame era diventato assistente amministrativo dell’Asl di Latrina ma il suo partito, il Pd, gli ha chiesto il conto: “Non puoi candidarti per una questione politica”.
Il partito minturnese per affermare un legittimo principio non ha avuto il necessario coraggio, politico ed umano, di dirlo ‘de visu’ al suo elemento più votato alle amministrative del 2016, secondo in assoluto tra tutte le forze in lizza cinque anni fa. Il Pd ha operato una forma di logoramento nei confronti di Tomao. Gli era stato chiesto di dimettersi da presidente del consiglio comunale e l’interessato, a fatica, ha deciso di alzare bandiera bianca dopo alcuni ed inutili giorni.
Tomao rimprovera il suo partito di non essere stato chiaro e trasparente. Poteva mettere le carte sul tavolo e “dirmi …non possiamo candidarti al consiglio comunale”. L’ex presidente d’aula avrebbe potuto farlo nella lista clone di Forza Italia “Idee e legalità” dell’avvocato Massimo Signore. Ha atteso che il Pd gli dicesse, anche senza l’unanimità degli aventi diretto del direttivo, di dovere fare affidamento sulla sua importante dote elettorale per sostenere di nuovo il sindaco uscente Gerardo Stefanelli. Il Pd ha assunto, alla distanza, un atteggiamento pilatesco: non ha voluto decidere in completa autonomia delegando della decisione l’Onorevole Matteo Mauri, il deputato milanese incaricato dal segretario nazionale Enrico Letta di guidaree il Pd dopo le dimissioni formalizzate nel giorno del suo arresto da parte del segretario provinciale del Senatore Claudio Moscardelli. L’esponente Dem era l’unico punto di riferimento di Tomao che, solo grazie alle telefonate del segretario provinciale del Pd, ha avuto dal presidente di esame le domande cui avrebbe rispondere – cosa poi avvenuta – per diventare un nuovo funzionario dell’Asl.
Il Pd minturnese in questa brutta storia ha palesato un’indiscutibile incapacità gestionale sulla sua attività politica interna. E ci sono state le immancabili fughe, volute e non. Se il segretario cittadino Franco Esposito si è autosospeso per alcuni problemi di salute, due dei 18 componenti del direttivo, Patrizia Neri e Libero Neri, hanno deciso di cambiare aria. Il Pd, di fatto, ha operato un mini processo interno che Tomao attendeva di subire ma non probabilmente ad una settimana dalla presentazione delle liste in vista del voto amministrativo di ottobre. Quella consumata ai suoi danni è stata una condotta ostruzionista che ha impedito nella sostanza a Tomao di non trovarsi una sistemazione all’interno di una delle quattro civiche pronte a sostenere il primo cittadino aurunco uscente.
Tomao è fuori dalla lista del Pd e, anche se non lo dirà neanche sotto tortura, si è sentito tradito dai componenti della componente Moscardelliana (come lui) nel partito minturnese. Manca l’ufficialità ma l’assessore all’ambiente Piernicandro D’Acunto così come il consigliere comunale Francesco Sparagna, pur chiedendo qualche ore di riflessione, saranno puntualmente candidati nella lista Dem. Se non lo saranno in prima persona,lo faranno con familiari di provata fiducia.
Confermate le presenze del coordinatore Franco Esposito e del capogruppo dimissionario Matteo Marcaccio, il più ostile al ruolo di Tomao, potrebbero decidere di candidarsi lo stesso (nonostante qualche timido annuncio) la stessa neo presidente del consiglio comunale Paola Graziano (eletta nel 2016 grazie al ticket con Tomao e sua successore alla presidenza del consiglio dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia) e la ‘ribelle’ assessore alla cultura della Giunta Stefanelli, Mimma Nuzzo. Tomao ufficialmente non considera la ricandidatura una “priorità”. L’ex presidente del consiglio ha dichiarato di “non alimentare facili ed inutili polemiche oltre a quelle di cui questo partito e, indirettamente, l’amministrazione Stefanelli hanno dovuto subire grazie ad una forte pressione mediatica”.
“Se il Pd ha deciso di escludermi – ha rincarato la dose- l’ho saputo da voi giornalisti. Lo ripeto, ho offerto la mia disponibilità a dare il mio importante apporto elettorale ma la mia nuova candidatura non la considero affatto prioritaria. Si può fare politica anche fuori dal consiglio, ad esclusivo interesse del mio paese e della sua comunità, e l’ho fatto qualche anno fa anche nella prima fase del mio impegno. Questa condotta mi ha dato successivamente ragione in termini elettorali”.
Nelle ultime ore Tomao si è incontrato più volte con il sindaco di Minturno che, senza peli sulla lingua, gli ha fatto sapere di non gradire una civica last minute da parte di uno dei “mister preferenze” della politica aurunca. Tomao sta sondando il terreno per ottenere ospitalità da altre componenti della coalizione Stefanelli. Ma l’ordine è stato perentorio: Le liste, ormai completate, vanno solo presentate. Tomao aspetterà “gli eventi” – la comunicazione che non sarà protagonista nel prossimo voto – “prima di decidere il da farsi con la mia famiglia che, le ripeto, merita di rimanere fuori da queste polemiche elettorali e non solo”.
Durissimo comunque è stato il commento di Tomao nei confronti del suo partito. Che sia ex o meno lo diranno i prossimi giorni. A meno di clamorose e poco verosimili richieste di esilio, Tomao potrebbe anche approdare alla corte di uno degli altri due avversari di Stefanelli, di Pino D’Amici di Fratelli d’Italia o di Massimo Moni, della Lega. Ma l’ipotesi è davvero politicamente fantascientifica. Tomao sarà costretto a fermersi in questa tornata elettorale per risolvere i suoi problemi giudiziari. “Qualcuno, anche nel mio partito, mi ha condannato senza neppure una richiesta di rinvio a giudizio. Ho dovuto ricredermi in questi mesi su alcuni comportamenti e soprattutto su taluni colleghi che consideravo amici ma tali non sono stati”.
Alla distanza è prevalso l’operato del sindaco Stefanelli. Ha lasciato fare, non ha voluto interferire sulle scelte del Pd che, alla distanza, ha deciso tra dissidi interni mai sopiti neanche sotto la spinta della positiva azione di governo. Stefanelli poi ha incassato un altro importante risultato: ha ottenuto che il Pd presentasse il suo simbolo nonostante una vistosa lacerazione interna con l’obiettivo, duplice e contradditorio, nello stesso tempo. Si tratta di confermare l’alleanza negli enti locali tra il Pd e Italia Viva ma avere un Pd più debole che non potrà più eleggere sei consiglieri comunali e pretendere due rappresentanze in Giunta. Il Partito Democratico è stato vittima del suo masochismo interno, il sindaco di Minturno semplicemente ne ha approfittato diventando ora, nel bene e nel male, arbitro del proprio destino politico-amministrativo. E la fortuna c’entra davvero poco.