Cronaca

Sud Pontino / Intimidazioni mercato del pesce di Cisterna e Latina, tre arreti tra Formia e Minturno

Il mercato del pesce di Latina e di Cisterna di Latina. E’ questo lo scenario in cui si sarebbero consumati alcuni reati: concorrenza illecita, tentata estorsione, aggravati dal metodo mafioso, con allusioni ad amicizie pericolose. Sono le accuse che il Gip di Roma Bernardette Nicotra ha formalizzato a vario titolo nei confronti di tre persone del sud pontino – Maurizio De Santis, nato a Formia 49 anni fa, Giuseppe D’Alterio, di 65 anni di Minturno e Giuseppe Montella, originario di Terracina dov’è nato nel 1993 – arrestate nella mattinata di giovedì su richiesta della direzione distrettuale antimafia di Roma dalle Squadre Mobili di Latina e Roma, insieme al personale del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato.

Gli investigatori, nel quadro accusatorio ricostruito, parlano di un contesto di elevato spessore criminale, di reiterate minacce con l’obiettivo di imporre il monopolio nella commercializzazione al dettaglio dei prodotti ittici in questi due mercati. Le indagini si sono focalizzate su un imprenditore ittico del sud pontino, portato in carcere e su alcuni tentativi di estorsione. Per l’accusa lui, insieme ad un dipendente finito ai domiciliari, dal 2019 ad oggi ha sistematicamente intimidito un commerciante nel tentativo di fargli lasciare i mercati di Latina e Cisterna di Latina, obbligandolo tra l’altro a vendere i propri prodotti sottocosto. Ma ci sono altri episodi di tentata estorsione e di illecita concorrenza ipotizzati tra il 2016 ed il 2018, commessi per l’accusa con violenza e minaccia aggravati dal metodo mafioso: sono stati ricostruiti anche grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia che hanno fornito degli elementi definiti validi.

L’imprenditore ittico avrebbe quindi cercato di acquisire all’interno di questi due mercati del pesce una posizione di supremazia, tentando di costringere i concorrenti sia a scelte economicamente svantaggiose, sia a chiudere ed abbandonare il banco del pesce. Per farlo, dice l’accusa, aveva assoldato i due collaboratori di giustizia, all’epoca dei fatti elementi di spicco tra i Di Silvio, utilizzando come mediatore un appartenente alla famiglia D’Alterio di Fondi: l’obiettivo era intimidire un commerciante suo concorrente, minacciandolo e facendo costante e reiterato riferimento alla famiglia D’Alterio.

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