FORMIA – “Subito a lavoro con la Regione Lazio per ridisegnare una nuova rete sociosanitaria territoriale di cure primarie e di continuità assistenziale. I tempi sono maturi per una vera e propria sanità di prossimità. Una impellente necessità che risponde alle esigenze di connessione tra l’ospedale Dono Svizzero e la rete di assistenza sociosaniatria territoriale, capace di garantire l’accesso appropriato al ricovero ospedaliero così come per accogliere il paziente nella sua fase di recupero post-dimissione ed assistere le famiglie nei loro bisogni”. Ne parla il candidato Sindaco Luca Magliozzi (Pd- Demos- Forum Formia Futura) che dedica una riflessione alla gestione del comparto sanitario cittadino.
“Le problematiche specifiche del Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) e dei servizi ad esso collegati, sono alla base di uno dei principali “disservizi” percepiti dai cittadini nell’interazione con il Pronto Soccorso: difficoltà della presa in carico (triage), tempi della prima valutazione, tempi della diagnostica e dell’eventuale valutazione specialistica. La soluzione è rappresentata dalla realizzazione delle Case della Salute intese, come in origine, come sedi pubbliche dove trovano allocazione, in uno stesso spazio fisico, i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie, ivi compresi gli ambulatori di Medicina generale e Specialistica ambulatoriale. Ci spenderemo, come amministrazione, affinché le prime risposte a bisogni assistenziali di base trovino risposte in sedi diverse dall’ospedale. Lavoreremo a un rafforzamento del nuovo modello che abbia come obiettivo quello di passare da un modello di medicina d’attesa dove il bisogno si trasforma in domanda, ad una sanità d’iniziativa. Un nuovo sistema che ad oggi presenta delle difficoltà, degli oneri a carico delle tante famiglie che devono, per esempio, attivare l’assistenza domiciliare (CAD)” – questa è una parte del quadro tracciato dal candidato Sindaco Democratico che così spinge sull’idea di lavorare alla “medicina di prossimità”.
Così spiega: “Un’assistenza domiciliare che può cambiare attraverso l’attivazione di diverse modalità di assistenza domiciliare (programmata, integrata, RSA, Hospice) al fine di alleggerire la famiglia dal peso burocratico delle procedure. L’ufficio adibito a questo tipo di assistenza esiste ed è il Punto Unico di Accesso (PUA). Oggi gli uffici PUA si trovano al Distretto presso il Don L. Di Liegro di Gaeta, con tutti i problemi logistici che esso comporta: mancanza di trasporto pubblico locale, centralità nel Golfo ecc. Un PUA che deve necessariamente essere spostato presso il Dono Svizzero di Formia dove potrà svolgere davvero la sua missione di guidare senza ulteriori carichi la famiglia nel processo di presa in carico domiciliare o comunque post-ricovero del proprio caro”.
E conclude: “Il Dono Svizzero vive un momento di grande difficoltà, è innegabile e sotto gli occhi di tutti. I problemi sono tanti e complessi e certamente i famosi tagli e riorganizzazioni non sono un alibi ma problemi oggettivi. Certamente le politiche finanziarie nazionali e sovranazionali appartengono a un orizzonte al di là del ruolo di ogni amministrazione comunale. Questo non vuol dire però che il Comune debba accettare inerme decisioni calate dall’alto. La politica locale se compatta e seria ha gli strumenti per essere considerata un interlocutore forte da parte delle istituzioni regionali. Non va trascurato che il nostro ospedale se riqualificato, in uno scenario di una città con flussi turistici consistenti, in una posizione strategica tra Napoli e Roma, tra l’altro lontano dalla struttura di riferimento di Latina, possa diventare sempre di più quindi il riferimento per tutti i cittadini dei distretti 4 e 5 ma anche per i cittadini extra regionali. L’aumento consistente dei flussi di pazienti può rappresentare un importante volano per tutto il settore terziario della nostra città.
Un ospedale che con l’attuale gestione è lontano anni luce da tutto questo. Lo stato di cose attuale ci dice che avere reparti senza un primario non rappresenta più un eccezione ma la regola. Avere un primario, infatti, significa avere una progettazione, realizzare la premessa per avere un catalizzatore per colleghi interessati a lavorare con quella persona. La storia recente del nostro ospedale ci dice che questa strada è quella giusta. Un reparto costruito ex novo nel 2010 con un primario, uno staff di colleghi e infermieri motivati ha rappresentato un’eccellenza per il nostro ospedale fino alla perdita di quel dirigente e, successivamente, un po’ alla volta del suo stesso staff sui cui l’azienda miope in questo caso non ha continuato ad investire. La nuova amministrazione comunale ha il dovere e la responsabilità di lavorare perché le politiche sanitarie della nostra ASL dimostrino di voler davvero puntare sulla riqualificazione del Dono Svizzero attraverso la programmazione mirata delle assunzioni con progetti a lungo termine piuttosto che a carattere emergenziale. Potenziamento tecnologico, strumentazioni nuove, rete di assistenza domiciliare e medicina di prossimità sono temi strategici per un territorio e una città che fa della vivibilità e della tutela dei suoi cittadini un punto fondamentale”.