FORMIA – Cause e possibili rimedi per una piaga che attanaglia i territori del Basso Lazio – e non solo. Stiamo parlando degli “incendi boschivi” al centro del webinar promosso dall’associazione “Incontri e confronti”, attiva a Formia e nel Lazio Meridionale, che a margine dell’incontro ha partorito una serie di proposte per il territorio Aurunco, da mettere in campo nella prossima stagione estiva, e da formulare ed indirizzare all’attenzione del Ministro della Transizione Ecologica; Presidente Regione Lazio; Assessora Agricoltura, Foreste, Promozione della Filiera e della Cultura del Cibo, Pari Opportunità – Regione Lazio; Assessora Transizione Ecologica e Trasformazione Digitale – Regione Lazio; Presidente Ente Parco Regionale Naturale dei Monti Aurunci; Commissario Straordinario XVII Comunità Montana dei Monti Aurunci; Presidente ARSIAL – Lazio; Protezione Civile Regionale Lazio; Coldiretti Regione Lazio e a tutti i Sindaci e Commissari Straordinari dei Comuni della Provincia di Latina e Frosinone che si trovano all’interno dell’Area Protetta del Parco Naturale dei Monti Aurunci.
L’azione che hanno in mente non è “repressiva”, poichè spiegano di essere “convinti che installare foto trappole, telecamere e far volare droni, per acciuffare un incendiario in flagranza di reato, sia illusorio”; più che altro è un’ azione “preventiva”. Questa è la base dalla quale partono le formulazioni dei partecipanti al tavolo digitale che si è tenuto in occasione del webinar e che oggi si fanno promotori della proposta: l’associazione Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine; l’associazione Incontri & Confronti; il Circolo Barba di Giove; il Laboratorio Socio Politico San Giacomo; Sud Pontino Social Forum; l’associazione Wolf Aurunci e l’associazione UmanaMente.
“Siamo invece convinti – spiegano – che occorra prevenire la causa degli incendi, che il piano AIB redatto dalla società D.R.E.AM Italia per conto del Parco Naturale dei Monti Aurunci, individua, grazie anche a fonti fornite dall’Ente, nella necessità degli allevatori di rigenerare il cotico erboso dei pascoli ricorrendo all’uso incontrollato del fuoco. Tra le possibili cause di incendi possono anche esserci conflitti di natura personale ed economica tra soggetti della stessa categoria e il disinnesco di queste conflittualità potrebbe essere una possibile strategia di contenimento. Riteniamo perciò che sia fondamentale coinvolgere gli allevatori nella prevenzione degli incendi, realizzando tavoli di programmazione e di concertazione tra enti di gestione e portatori di interesse locali. Per favorire ciò si può fa ricorso ad aiuti e agevolazioni a favore degli allevatori che seguiranno le linee guida concordate (prezzi calmierati per l’acquisto di fieno e per l’approvvigionamento idrico) e dei soggetti che si uniranno in cooperativa per produrre e trasformare il frutto del proprio lavoro in prodotti riconoscibili ‘dei monti Aurunci’, con un brand unico e che raccolga il meglio della produzione locale”.
Ed ancora: “Pensiamo poi a specifiche tecniche di prevenzione e controllo del territorio, tra tutte l’uso del fuoco prescritto, come chiaramente esposto nel già citato Piano AIB. Un fuoco controllato che ha lo scopo di rinnovare il cotico erboso, rimanendo circoscritto nelle aree prestabilite, con un basso impatto ecologico, senza il rischio di espandersi in canaloni selvaggi, senza intaccare le superfici boscate o avvicinarsi a strutture abitative. Riteniamo poi che la gestione del territorio legata all’affidamento dei pascoli vada uniformata: i Comuni che, per scarsa attenzione, non lo hanno ancora fatto, devono concedere in affido i terreni pascolativi anche ad allevatori di altri Comuni. Il bestiame va differenziato, dando aiuti a chi decide di allevare specie adattate alle condizioni pedologiche e morfologiche locali e a rischio di estinzione, come previsto da uno studio in atto sui monti Aurunci sul “Pascolo Pilotato” e portato avanti dall’Università della Tuscia e che prevede l’uso del Cavallino di Esperia, in grado di cibarsi dell’ampelodesma, contribuendo così a mantenere sotto controllo una delle matrici più pericolose per lo sviluppo degli incendi”.
Infine, le associazioni interessate concludono: “Un ruolo centrale nel contrasto agli incendi boschivi deve essere rivestito dall’ente Parco Naturale dei Monti Aurunci. Il piano antincendio di cui si è dotato rappresenta un primo passo positivo. Ma non è ancora sufficiente se non si vara al più presto il Piano di Assetto, in cui si possa prevedere anche la possibilità di realizzare cisterne di raccolta delle acque piovane e di scioglimento della neve nel periodo invernale e primaverile e utilizzabile dagli allevatori del territorio, sopperendo così alla cronica carenza nel periodo estivo; procedere ad una Zonizzazione del territorio di propria competenza, in grado di individuare zone fruibili e di sviluppo sostenibile e zone ad accesso limitato giustificate da particolari esigenze di tutela e conservazione; Coinvolgere le Università nella realizzazione di un progetto sulla Capacità di Carico dell’allevamento domestico nelle varie zone del territorio, anche in relazione alla tipologia di allevamento brado. Anche i comuni possono (e debbono) svolgere un ruolo attivo nel contrasto agli incendi. Per esempio impegnandosi a produrre il catasto delle aree incendiate, come previsto dalla legge; a istituire le Guardie Ecologiche Volontarie, riconosciute dal prefetto a supporto degli operatori preposti alla sorveglianza e al controllo del territorio non solo montano; realizzare un gruppo di Vedette Volontarie (gestibili dalla Protezione Civile e già collaudate con successo in passato) per l’avvistamento precoce dei focolai nei mesi estivi, anche ricorrendo ai percettori del Reddito di Cittadinanza, opportunamente formati; a realizzare un coordinamento di tutti gli amministratori del territorio, affinché si facciano promotori di progetti e programmi condivisi per un’unica strategia di contrasto”.