FORMIA – “Leggere la prima sentenza di condanna non ci ridarà la serenità, ma solo forse la consapevolezza che non abbiamo sbagliato a lottare. Non siamo scappati via, ma siamo rimasti qui nella nostra casa a difendere la nostra famiglia! Continueremo a crederci e continueremo ad essere presenti a tutte le udienze che ci saranno, perchè questa è la strada giusta, per noi e per le coppie di tutti i colori del futuro”.
Sono queste le parole con le quali Pasquale Galliano, riportando anche lo stato d’animo di suo marito Michele Castelli, ha commentato la prima sentenza di primo grado che ha visto condannare il loro vicino di casa per l’accusa di “minaccia”. La coppia residente nel quartiere di Penitro, Formia (Lt), rimbalzata, un paio d’anni or sono, agli onori delle cronache per essersi dovuti rivolgere a più riprese alle Forze dell’Ordine per denunciare le angherie subite dei vicini, sullo sfondo di un atteggiamento omofobo, stringe tra le mani la prima sentenza a fronte di diversi procedimenti in piedi e tante denunce esposte.
La coppia dopo aver reso pubblica la loro storia ha ottenuto la solidarietà e la vicinanza dell’allora Amministrazione comunale, guidata dall’ex-sindaco Paola Villa e dal vice-sindaco Carmina Trillino, e di tutta la città che ha continuato a gioire della forza del loro amore che li ha portati al matrimonio lo scorso 3 settembre 2021, eppure – nonostante tutto l’affetto dimostrato dalla società civile sia stato per loro “un’isola in un oceno di disperazione” – davanti al primo dispositivo di sentenza che condanna l’uomo al pagamento di una multa, per un ammontare di 900 euro, più le spese processuali, certamente non gioiscono.
Ciò che prevale per Pasquale e Michele resta comunque il dolore per ciò che hanno vissuto e che sono in qualche modo costretti a rivivere con i racconti nelle aule di giustizia – sempre difesi dell’avvocato Angela Sangermano – pur di “continuare a metterci la faccia” in quella che considerano prima di tutto una “battaglia di civiltà”, ma soprattutto anche a fronte di un clima che, secondo quanto raccontano, non cenna a placarsi ed è ancora costellato di offese e danni al loro indirizzo, che continuano a denunciare pubblicamente e alle Autorità competenti.
“Ancora oggi – aggiunge Pasquale – non capisco perché per vivere e garantire la giusta serenità a me, alla mia famiglia, a mio marito, che ha vissuto giornate chiuso in casa terrorizzato per paura di aggressioni – ho dovuto vivere giorni nelle caserme a fare un numero allucinante di denunce”. Ed ancora: “Ci ha spinto fin qui, la convizione che non si può far diventare normalità l’insulto, la derisione, la denigrazione dell’identità personale”.