SUD PONTINO – Alla fine sono arrivate anche le scuse del magistrato titolare delle indagini, il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale antimafia di Roma Corrado Fasanelli. E’ terminata in questo modo la discussione del ricorso presentato davanti il Tribunale del Riesame di Roma da parte dalle difese di alcuni degli indagati, complessivamente 15, che lo scorso 24 settembre erano stati raggiunti dall’ordinanza emessa (con diversi provvedimenti cautelari) dal Gip del Tribunale di Roma Massimo Maresca nell’ambito dell’operazione anti droga della Guardia di Finanza denominata “Traquetores”.
Il Pm Maresca correttamente ha avanzato le sue scuse nei confronti della difesa di Armando Danilo Clemente, “o sfrantummato”, nei confronti del quale i giudici del Tribunale della Libertà hanno annullato l’ordinanza custodiale firmata dal Gip Maresca. Il solo Clemente, 36 anni di Minturno, ha ottenuto la revoca della custodia cautelare solo perché la Direzione Distrettuale antimafia ha commesso un errore: non doveva chiedere il suo arresto ma quello di un stretto familiare.
Il Pm Fasanelli, ammettendo l’errore, ha permesso al Riesame di accogliere l’istanza di revoca (presentata dall’avvocato Vincenzo Macari e difesa dall’avvocato Massimo Signore) della misura restrittiva per Clemente. L’uomo, comunque, resta in carcere perché coinvolto in un altro ed analogo procedimento, quello relativo all’operazione “Touch & go” che il 1 luglio 2020 permise ai Carabinieri del comando provinciale di Latina di sgominare, sempre sotto il coordinamento della Dda di Roma, un sodalizio criminale che dal 2015 in poi, avrebbe coordinato a Formia e a Scauri un collaudato sistema specializzato nello spaccio di cocaina, hashish, marjuana e shaboo per conto di due clan dominanti nel quartiere napoletano di Secondigliano, i Licciardi prima e, dopo la sua trasformazione, i “Sacco Bocchetti” poi.
I legali di Clemente hanno dimostrato la totale estraneità in questa inchiesta quando il Gip Maresca, recependo l’impianto accusatorio della Dda capitolina, attribuiva al 36enne “una certa esperienza….preposto al mantenimento degli equilibri criminali della spaccio di Minturno, esercitando il ruolo di custode della droga proveniente da Napoli e di esattore nei confronti degli assuntori ritardatari”. Nulla di tutto questo quando lo stesso Riesame ha confermato la validità dell’impianto accusatorio per gli altri indagati ricorrenti. Tra questi Giuseppe Stefanelli, il fratello maggiore di 48 anni del rieletto sindaco di Minturno Gerardo che, dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia davanti il Tribunale di Cassino e aver conosciuto il disco rosso del Tribunale della Libertà, deve rimanere ai domiciliari presso la sua abitazione di Scauri. Almeno per un mese e mezzo quando verranno rese le motivazioni della conferma di questa misura restrittiva e sul loro contenuto proporre eventualmente ricorso in Cassazione.
Armando Danilo Clemente intanto è tra gli 11 gli imputati che per quanto riguarda l’operazione “Touch & Go” hanno deciso di farsi processare con il rito ordinario davanti il Tribunale di Cassino presieduto dal giudice Marco Gioia. Il dibattimento è in corso da un anno e sul conto degli imputati (a Clemente si aggiungono Giovanni Nocella, Giuseppe Leone, Francesco Leone, Domenico De Rosa, Giuseppe De Rosa, Marco Barattolo, Giancarlo Di Meo, Daniele Scarpa, Raffaella Parente e Giuseppe Sellitto) il tribunale ha potenziato il collegio peritale chiamato a trascrive le chilometriche intercettazioni telefoniche ed ambientali per due ordini di motivi: per la loro lunghezza e soprattutto per la loro incomprensibilità. Gli interlocutori hanno parlato in dialetto in maniera così stretta che è stato complicato definire il contenuto delle loro conversazioni.
Come si ricorderà leggendo le 416 pagine dell’ordinanza emessa a margine dell’inchiesta anti droga “Traqueteros” un contribuito all’attività investigativa delle Fiamme Gialle e del Sostituto procuratore della Dda Corrado Fasanelli l’aveva fornito un ex pusher di Scauri, un tempo componente dell’organizzazione capitanata da Domenico Scotto, ritenuto collegato ai due clan dominanti a Secondigliano. Si tratta di Diego Camerota che, diventato collaboratore di giustizia e dunque beneficiario di un programma di protezione in un centro del nord Italia, a causa della sua condotta era stato condannato il 6 luglio scorso a soli due anni e quattro mesi di reclusione con i benefici del rito abbreviato al termine del processo “Touch & Go” celebrato davanti il Gip del Tribunale di Roma Angela Gerardi.