CASSINO – Un uomo solo e disperato che cominciava a nutrire sentimenti di rancore nei confronti dei suoi colleghi di lavoro al punto che era scattato un ordine del Maresciallo Marco Sperati di monitorare i suoi movimento semplicemente perché si temeva che potesse compiere gesti inconsulti come peraltro è avvenuto. Il dramma di Santino Tuzzi è di nuovo echeggiato nella nuova udienza del processo per la morte di Serena Mollicone in corso di svolgimento davanti la Corte di Assise del Tribunale di Cassino. Il dibattimento ha ripercorso di nuovo cosa avvenne l’11 aprile 2008, il giorno in cui il brigadiere di Sora di tolse la vita sparandosi con la pistola d’ordinanza nei pressi della diga di S.Eleuterio all’indomani della sua contrastata conferma della confessione circa la presenza di Serena il 1 giugno 2001 nella casera dei Carabinieri di Arce.
“Il brigadiere Tuzi non voleva più parlare con noi ma solo con il Pm Donatella Perna” – l’ha ribadito a più riprese il Maresciallo Sperati nell’iniziale controinterrogatorio effettuato dai legali dei principali indagati, Marco, Franco e Annamaria Mottola. Gli avvocati Piergiorgio Di Giuseppe, Franco Germani, Mauro Marsella ed Enrico Meta hanno incalzato Sperati sull’ipotesi che Tuzzi fosse stato o meno indotto – si è fatto anche il nome del brigadiere Francesco Suprano – a ritrattare le dichiarazioni rese il 28 marzo di 13 anni fa. Sempre in sede di contro esame sono stati ripercorsi, sempre a domanda della difesa dei Mottola, i sospetti degli investigatori su un possibile coinvolgimento diretto di Tuzi nell’omicidio. “Il sospetto – ha risposto Sperati – era maturato dal fatto che c’era stata la ritrattazione e che Tuzi a fine turno il 1 giugno 2001 avrebbe potuto dare un passaggio a Serena”.
Il maresciallo Roberto Mattei ora lavora a Frosinone. Nel 2008 prestava servizio presso la stazione dell’Arma di Fontana Liri dove era stato trasferito per incompatibilità ambientale con i suoi superiori proprio Santino Tuzzi. Mattei ha rivelato che fu lo stesso Sperati a chiedere di intensificare i controlli nei confronti del brigadiere di Sora, sempre più agitato e preoccupato soprattutto dopo i lunghi interrogatori in cui veniva coinvolto. I Carabinieri seppero che l’11 aprile 2008 arrivò a casa dell’amante di Tuzzi un fascio di fiori con una sola scritta appuntata su un biglietto: “Addio!” . Il brigadiere, poi, venne avvistato dallo stesso Mattei per strada intorno alle 12.30 in località Braccio D’Arpino. Tuzzi venne invitato ad andare a pranzo insieme ai colleghi in caserma e si giustificò dicendo di dover andare con una certa fretta al convento di Ceprano. Fu una bugia. Tuzi si tolse la vita alcuni minuti più tardi, a pochi chilometri di distanza, davanti l’ingresso della diga di Arce con la pistola d’ordinanza, una Berretta 92. Si tratta dell’arma che, prelevata durante la mattinata dall’armadietto personale in caserma, il brigadiere avrebbe voluto utilizzare contro i suoi stessi colleghi di lavoro.
I Carabinieri erano a conoscenza di questo particolare e cautelativamente chiesero ad un amico di Santino, Antonio Fiore, (abitava nei pressi della diga di Sant’Eleuterio) di effettuare il macabro rinvenimento del carabiniere all’interno della sua Fiat Marea. Lo sportello del lato guida era aperto, la pistola era ben sistemata sul sedile posteriore destro ma dal caricatore della pistola d’ordinanza mancavano due colpi a fronte dei 15 disponibili. E poi lo stub – l’ha fatto rilevare l’avvocato di parte civile della famiglia Tuzi, l’avvocato Elisa Castellucci – effettuato in due momenti diversi sulle mani del carabiniere suicida. Un altro mistero l’ha evidenziato l’avvocato Francesco Candido, legale difensore del brigadiere Vincenzo Quatrale. Riguarda un’intercettazione ambientale disposta dagli stessi Carabinieri tra lui e Tuzi: c’è un “buco” di tre minuti e 23″ di conversazione in auto che, se recuperati dalla cassetta originale, potrebbe dire molte cose su quest’altro segmento dell’omicidio della studentessa 18enne di Arce.
Il processo proseguirà il 5 novembre con l’audizione, molto attesa, del comandante della stazione di Fontana Liri all’epoca del suicidio di Santino Tuzzi, il Maresciallo Tersigni.