Formia / Riciclaggio internazionale: operazione Piccadilly scopre gli ideatori, due professionsti del Golfo

Cronaca Formia Gaeta

Tre persone arrestate e beni per 21 milioni di euro sequestrati. È, in sintesi, il contenuto della brillante operazione Piccadilly che, condotta della Guardia di Finanza del gruppo di Formia sotto il coordinamento della Procura di Napoli Nord, in cui si ipotizza un’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale: sei le persone indagate.

Gli ideatori – secondo le accuse – erano due professionisti di Gaeta e Formia, di 46 e 62 anni. Si tratta di due professionisti molto noti nel tessuto economico e produttivo del Golfo che, difesi dagli avvocati Pasquale Di Gabriele ed Enrico Lisetti, compariranno venerdì pomeriggio davanti il Gip del Tribunale di Napoli Nord Maria Gabriella Iagulli in occasione dell’interrogatorio di garanzia.

Sarà già questo un momento significativo per verificare la volontà o meno dei due indagati di collaborare alle indagini coordinate dal sostituto procuratore Barbara Bonanno. La somma finita sotto sequestro che – ipotizza il gruppo di Formia della Guardia di Finanza – rappresenta solo una piccola parte di quelle riciclate dal sodalizio criminale cui gli arrestati fanno parte, costituisce il profitto dei reati di frode fiscali commessi in Italia dagli amministratori di diritto e di fatto di società operanti nel settore del commercio all’ingrosso di calzature e abbigliamento che sono stati oggetto di plurimi trasferimenti all’estero, attraverso la costituzione di società cartiere.

Le indagini erano iniziate nel dicembre 2020. La rete di riciclaggio ideata dai due professionisti di Formia e Gaeta, esperti nel settore della consulenza fiscale e finanziaria, coinvolgeva – secondo le accuse –  soggetti economici di diversi Stati esteri, tra cui Regno Unito, Bulgaria, Lituania, Polonia e Malta. In questi Paesi erano stati aperti rapporti bancari sui quali confluivano i capitali illeciti, che  prima di essere depositati erano soggetti a svariati passaggi sui conti correnti riconducibili a società italiane, con l’obiettivo di rendere più complesso, se non impossibile, l’accertamento della provenienza delittuosa dei capitali.

I due “riciclatori seriali” pontini, come li definisce la Finanza, disponevano di una società londinese di consulenza finanziaria e, tramite questa, fornivano non solo imprese di diritto britannico “pronte all’uso” che assicuravano l’apertura di conti correnti in Europa, ma anche un servizio che garantiva l’assoluto anonimato, individuando, all’occorrenza, soggetti  prestanome cui intestare le varie entità giuridiche e i conti bancari. Tra questi un soggetto residente nel milanese, ritenuto parte integrante del sodalizio criminoso. Altre 16 persone sono indagate per intestazione fittizia di beni e concorso in riciclaggio. A tutti gli indagati è stata riconosciuta la circostanza aggravante della transnazionalità.