FONDI – Montano le polemiche a Fondi per la decisione dell’Asl di sospendere, a tempo indeterminato, il servizio di endoscopia all’interno del “San Giovanni Di Dio”, l’ospedale che, a causa della riduzione dei posti letto, è stato al centro dell’ultima assemblea dei sindaci, poi rinviata, chiamata ad approvare il nuovo piano aziendale.
Protestano i cittadini ora perché il servizio di endoscopia era utilizzato per svolgere attività di diagnostica, trasfusioni e per ricevere la somministrazione di farmarci o dagli degenti del reparto di medicina che vi eseguivano ulteriori accertamenti. L’interruzione del servizio di endoscopia è stata motivata dal datto che la stessa Asl di Latina ha sospeso per il personale medico il pagamento in “Alpi”, l’attività libero-professionale intramuraria, un remunerazione disposta dalla stessa azienda sanitaria con l’unico scopo di abbattere le liste di attesa pregresse dovute anche all’emergenza Covid-19. L’Asl non ha ritenuto necessario stanziare altri fondi in “Alpi” per il normale proseguimento degli esami endoscopici come è sempre avvenuto. La divisione di chirurgia dell’ospedale di Terracina ha fatto sapere che in assenza di questi incentivi economico non garantirà le normali attività endoscopiche e i pazienti dovranno essere dirottati verso gli ospedali di Latina e Formia
La polemica è diventata politica e a definire questa sospensione “un ulteriore supplizio per i ricoverati durante la loro degenza nel nostro nosocomio” è Salvatore Venditti, attivo consigliere comunale della lista civica “Camminare insieme” che, a fronte delle difficoltà per le prenotazioni di endoscopia attraverso il centro unico di prenotazione, prende atto come vengono garantite le prestazioni a pagamento in Intramoenia”.
Venditti ha preannunciato che chiederà spiegazioni alla direttrice generale dell’Asl di Latina Silvia Cavalli “su come sia possibile interrompere un servizio così necessario per la comunità del nostro territorio, che ha come riferimento i due ospedali del vecchio presidio centro. Tra l’altro si tratta di una sospensione avvenuta ad oggi senza un documento firmato, ma solo con il blocco del servizio a discapito dei cittadini. Chiediamo ancora alla Cavalli come un responsabile della chirurgia di Terracina possa non tener conto delle battaglie fatte negli ultimi anni per tenere “viva” l’unità operativa della chirurgia stessa, che si è tenuta in piedi grazie al supporto degli operatori sanitari che ne fanno parte, che hanno tenuto fede al patto sanitario/cittadino rispondendo al bisogno di salute degli utenti.
Un patto che sta venendo meno in questi giorni con scelte che poco si rifanno alla deontologia e che sicuramente porteranno ulteriori conseguenze, con la perdita di collaboratori nel futuro prossimo come accadde per la Chirurgia di Fondi quando la Governance venne affidata a chi non nutriva gli stessi interessi di crescita per i sanitari locali. È quello che accade quando chi redige un Atto Aziendale, volto più a depotenziare l’offerta sanitaria piuttosto che accrescerla, ha un distacco dalla realtà, lasciando i due nosocomi al loro destino avvalorando la tesi di chi gestisce la stanza dei bottoni: nel nostro territorio c’è un ospedale di troppo.
Salvatore Venditti è preoccupato anche per un altro motivo: “La dottoressa Cavalli ci venga a spiegare perché da Gennaio l’Ospedale di Fondi non avrà più l’Ematologo, garantendo il servizio solo su Terracina per tutti i cinque giorni infrasettimanali. Dopo l’uscita dalla zona rossa il servizio venne aperto anche di pomeriggio una volta a settimana, mettendo a disposizione del personale dedicato. Anche in questo caso si parla di mancanza di incentivi? – s’interroga aggiungendo – Da troppo ormai il nostro Ospedale si trova al centro di polemiche e dibattiti, non possiamo nascondere il fatto che tanti servizi negli anni sono venuti meno utilizzando sempre il solito claim: la necessaria riorganizzazione del sistema sanitario. Ma ci troviamo a constatare che con questa riorganizzazione, ad oggi, gli unici che ne stanno pagando le conseguenze sono i cittadini del nostro territorio. Figli e nipoti di chi anni fa scese in piazza per garantire la costruzione dell’Ospedale San Giovanni di Dio”.