FORMIA – L’immobile deve tornare nella disponibilità dell’ente avente diritto. Dopo aver prosciolto gli otto imputati per avvenuta prescrizione, il giudice monocratico del Tribunale di Cassino Marco Gioia ha sentenziato la restituzione dell’ex colonia Di Donato, lo storico immobile di via Olivetani che nel quartiere di Castellone a Formia venne sequestrato il 25 gennaio 2017 nell’ambito di uno dei più clamorosi casi giudiziari degli ultimi anni. Il Tribunale di Cassino ha deciso di restituire la struttura – un tempo sede di un storico convento – dopo che per la sua trasformazione urbanistica in un ostello per i figli degli emigranti laziali all’estero il capo della stessa Procura Luciano D’Emmanuele ed il sostituto procuratore Alfredo Mattei avevano ipotizzato i reati di peculato, frode nelle pubbliche forniture, falsità ideologica e truffa.
La decisione del giudice Gioia potrebbe far scaturire un nuovo contenzioso. Al momento non è dato sapere a quale ente deve tornare la proprietà dell’ex colonia Di Donato. L’ex Ipab della Santissima Annunziata, un ente di derivazione regionale, ha fatto sapere di aver declinato l’accettazione in quanto è stato già risolto il contratto di comodato d’uso stipulato nel 2011 con il comune di Formia per permettere gli interventi di riqualificazione dell’immobile poi finiti nella lente d’ingrandimento della Procura di piazza Labriola.
La nuova amministrazione comunale di Formia aspetta ora un nuovo pronunciamento giurisdizionale prima di pianificare qualsiasi intervento urbanistico che necessità di una doverosa guida dirigenziale, di una copertura finanziaria che al momento, purtroppo, non c’è (non si esclude di utilizzare vecchie economie ereditate dall’originario finanziamento regionale) e di un orientamento politico su cosa e come trasformare l’ex colonia “Federico Di Donato”.
Un fatto è certo: quasi cinque anni fa il plesso, architettonicamente di pregio anche se da anni ridotto in una situazione di degrado e di incuria, e i terreni agricoli annessi furono sequestrati dopo che gli accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza di Formia avevano appurato una serie di presunte irregolarità e difformità riscontrate nella esecuzione dei lavori di riqualificazione dell’immobile affidati alla ditta napoletana Sacen. Si trattava di opere finanziate dalla Regione Lazio per un importo erogato pari ad un milione di euro; lavori che tuttavia risultavano, secondo le Fiamme Gialle, non essere mai stati portati a completamento.
Il vasto complesso architettonico, di oltre 15mila metri quadrati e risalente al 1300, nel 2011 era stato oggetto di un contratto di comodato d’uso della durata di 25 anni stipulato tra il comune di Formia, all’epoca proprietario dell’immobile, e l’Ipab della Santissima Annunziata di Gaeta che, beneficiario di una serie di finanziamenti a “specifica destinazione” concessi dalla stessa Regione Lazio, avrebbe dovuto curare la riqualificazione completa della struttura al fine di realizzare un centro regionale polivalente – come detto – al servizio degli emigrati laziali.
A finire a processo per frode in pubbliche forniture, falsità ideologica e truffa aggravata furono Raniero De Filippis, presidente del consiglio d’amministrazione dell’Ipab all’epoca dei fatti; Francesco Battista, amministratore della società Sacen, Umberto Battista quale direttore della stessa Sacen srl, Erasmo Valente e Roberto Guratti, come responsabili del procedimento amministrativo, Giorgio Maggi, supporto ai responsabili del procedimento, Giovanni Falco come direttore dei lavori del cantiere e Andrea Fumi, il responsabile della sicurezza.
Il giudice Marco Gioia ha dovuto prosciogliere gli otto imputati l’intervenuta prescrizione accogliendo, di fatto,la richiesta dei legali difensori Andrea Di Croce, Vincenzo Macari, Luca Scipione, Valeria Simeoni, Giorgia Bonfanti e Luigi Panella. Non avrà mai una risposta processuale la ricostruzione investigativa della Guardia di Finanza di Formia e della Procura di Cassino secondo le quali, la Sacen, che si aggiudicò i lavori dall’Ipab, avrebbe emesso fatture gonfiate rispetto agli interventi edilizi realizzati sino al giorno del sequestro avvenuto, come detto, nel gennaio 2017.
L’ex Ipab aveva provato a modificare alcuni degli originari capi d’imputazione per evitare la prescrizione stessa. La stessa ex Ipab è risultata soccombente in un contenzioso civilistico a favore della Sacen che per avere retribuiti i lavori edili realizzati ha dimostrato di aver correttamente onorato alla lettera il capitolato e senza l’erronea accusa di aver gonfiato le fatture emesse. Calato il sipario su questa contraddittoria vicenda processuale, Formia (tutta) e, il quartiere di Castellone, attendono di conoscere quale sarà il futuro, urbanistico e funzionale, dell’ex colonia Di Donato. Con o senza prescrizione.