Cronaca

Cassino / Delitto Serena Mollicone, nuova udienza: le testimonianze di nuovi test

CASSINO  – Nessuna delle impronte digitali rinvenute sul nastro adesivo e sul filo di ferro con cui fu imbavagliata e immobilizzata Serena Mollicone appartiene ai cinque imputati per i quali è in corso di svolgimento il processo davanti la Corte D’assise del Tribunale di Cassino per la morte della studentessa di Arce.

L’ha detto il Maresciallo dei Ris dei Carabinieri Roberto Gennari al quale la Procura di Cassino ha affidato una consulenza dattiloscopica per cercare di dare un’eventuale paternità alla tracce rinvenute sul nastro adesivo con cui fu bloccato il cadavere di Serena per essere meglio occultato il 1 gennaio 2001 subito il delitto. Il mistero continua perché queste tracce non appartengono alle 275 persone che lasciarono agli stessi Ris le proprie impronte. Tra questi ci furono il carrozziere Carmine Belli, il brigadiere dei Carabinieri Santino Tuzi, papà Guglielmo e zio Antonio Mollicone. Sulla tesina con cui Serena nel giugno di venti anni stava per diplomarsi all’istituto magistrale di Sora sono state sì isolate alcune impronte digitali ma – ha aggiunto il maresciallo Gennari – “erano tipiche di un bambino“.

Sul nastro lungo complessivamente due metri e mezzo con cui erano state legate le gambe di Serena gli stessi Ris rilevaroino ben 27 frammenti ma solo due sono stati definiti “nitidi”, dunque parzialmente buoni. Ma nessuno di loro appartengono ai cinque imputati.

Il dottor Ernesto Aloja dal 2005 lavora all’Università di Cagliari. Nel 2001 prestava servizio presso l’istituto di medicina legale del policlinico Agostino Gemelli di Roma quando fu incaricato dagli allora sostituto procurattori Arcuri e Marra di “rivisitare” la consulenza del medico legale, la dottoressa Antonella Conticelli, che eseguì l’autopsia sul cadavere privo di vita di Serena. Lo stesso Aloja chiese di ispezionare alcuni reperti mortali di Serena che sarebbero dovuti essere conservati subito dopo l’esame autoptico. Ma Aloja non svolse questo secondo incarico perché quei reperti – come ha dichiarato nella penultima udienza il tenente colonnello Fabio Imbratta – scomparvero dopo probabilmente un’errata custodia.

Aloja produsse due relazioni nel novembre 2001 e nell’ottobre dell’anno successivoi sulla scorta – ha aggiunto – del contenuto fotografico dell’autopsia di Serena svolta il 4 giugno 2001. Il professore ha confermato come la studentessa di Arce abbia riportato, probabilmente durate un’aggressione all’interno della caserma di Arce dei Carabinieri, una frattura alla tempia sinistra ed una ferita nella zona sopraccigliare sinistra provocate – l’ha motivato – da un improvviso urto contro quello che ha definito “un oggetto fisso e liscio”, la porta di un bagno – secondo la procura di Cassino – dell’alloggio sfuitti della caserma dell’Arma di Arce. Serena, poi, morì asfissiata e riportò anche un edema polmonare. Il dottor Aloja ha rivelato di aver trovato un’ecchimosi anche sotto l’orecchio sinistro della vittima. Serena – a suo dire – sarebbe stata aggredita improvvisamente a causa di una “forte presa”, una mano destra contro un oggetto fisso. L’urto è compatibile – ha rimarcato – con le ferite riportate da Serena alle falange di due dita e alla contusione alla coscia sinisrtra.

Ma quando è morta Serena? Secondo l’accademico nel tardo pomeriggio del 1 giugno e nella fascia oraria tra la sera stessa – pioveva quel giorno ad Arce – e la notte successiva il corpo immoblizzato con il nastro adesivo e con il filo di ferro fu trasferito ed occultato nel bosco di Fontecupa dove fu rinvenuto da un passante il 3 giugno 2001. Aloja ha concluso il suo racconto con un altro aspetto inquietante. Tra la prima e la sua seconda relazione nel 2001, a pochi mesi dal delitto, chiese alla Procura di Cassino di riesumare il cadavere – cosa avvenuto 15 anni più tardi solo grazie all’attività investigativa del sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo – di Serena. Ma “non ho ricevuto mai alcun tipo di risposta” – ha concluso sconsolato il medico legale.

L’udienza del processo per la morte di Serena si è caratterizzata, infime, con un perito botanico nominato dalla stessa Procura. Il dottor Marco Stefano Caccianiga ha definito “compatibile” il rinvenimento del materiale arboreo (soprattutto foglie) con il luogo in cui è stato scoperto il cadavere di Serena Mollicone. Si torna in aula venerdì 3 dicembre con la deposizione di altri testi della Procura cassinate.

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