MINTURNO – Eduardo Di Caprio non avrebbe voluto uccidere, investendolo a bordo della sua auto, Cristiano Campanale la serie del 25 gennaio 2019 in via Antonio Sebastiani a Scauri. Il suo fu soltanto un gesto accompagnato da dolo d’impeto. Tantopiù l’uomo, brandendo un bastone, avrebbe voluto soltanto dare una lezione ad Andrea, il fratello della vittima. Sono i tre principali elementi che caratterizzano il ricorso inviato in Cassazione dalla difesa del 38enne contro la sentenza, articolata in 13 pagine, con cui la prima sezione della Corte d’assise d’appello di Roma aveva confermato lo scorso 14 ottobre scorso la condanna a 16 anni e 8 mesi di reclusione emessa dal Gip del Tribunale di Cassino Salvatore Scalera al termine del rito abbreviato.
Per tentare di ribaltare il verdetto d’appello Di Caprio ha deciso di cambiare legale: ha nominato il penalista romano Paolo Barone revocando l’incarico dell’avvocato Pasquale Cardillo Cupo a cui i giudici di secondo grado avevano respinto la richiesta di ottenere la derubricazione dei reati di omicidio doloso e tentato omicidio in omicidio preterintenzionale e lesioni. E invece la corte d’Assise d’appello aveva accolto l’istanza del procuratore generale che al termine della sua requisitoria aveva sollecitato la condanna di primo grado. I giudici d’appello avevano accolto i rilievi proposti dalle parti civili che, costituitesi attraverso gli avvocati Luca Cupolino, Roberto Salvatore Palermo, Vincenzo Ponti e Attilio Di Nardo, avevano definito le ipotesi difensive contenute nell’appello proposto dal Di Caprio, “prive di alcun tipo di pregio”, in quanto “del tutto congetturali, destituite di fondamento, sia in fatto sia in diritto”.