Per il sindaco Agresti “non risultano inventariati tra i beni mobili del Comune, né è stata rinvenuta agli atti dell’Ente alcuna documentazione attestante la loro origine e la provenienza”. Il sindaco Agresti si era rivolto ai Carabinieri chiedendo di svolgere “le necessarie indagini, con riserva di costituirsi parte civile nell’instaurando procedimento penale”. La difesa dell’ex primo cittadino è stata piccante. L’avvocato Antonio Fargiorgio esordisce subito di essere “abituato a mettere sempre la faccia quando intervengo su qualsivoglia problematica e non amo agire in maniera surrettizia, come altri fanno, celando i loro reali obiettivi, le persone che intendono colpire dietro escamotage di bassissima lega”. Lo stesso ex sindaco è andato dai Carabinieri e ha annunciato che consegnerà in copia i documenti in suo possesso.
La prima puntualizzazione è un indiretto attacco al sindaco Agresti: “Alcuni dei reperti sono in Comune da tanti anni, sicuramente da prima del mio insediamento. E probabilmente chi ha parlato, chi ha scritto non conosce le vicende di Itri.” Il cippo lapideo che è attualmente nei locali della Biblioteca comunale è nella disponibilità dell’Ente sin dal lontano 1976: “Lo ricordo già quando, ancora ragazzo, frequentavo la Biblioteca comunale nell’allora sede di via della Repubblica. Dopo è stato sistemato dove attualmente si trova. Segnalo che in ordine alla sua datazione intervenne IL 27 settembre 2004, con una lettera indirizzata all’allora sindaco di Itri, un noto studioso, Lorenzo Quilici, che spiegò come si trattasse di un pezzo di un altare funerario. Nel 2004, non ero certamente io il Sindaco di Itri. Quanto alla scritta di origine longobarda, che campeggia penso da almeno 9 anni nella sala consiliare del nostro Palazzo comunale, non dovrei essere ancora io a parlarne, ma ricordo che fu consegnata all’Amministrazione nel 2012 dopo il suo rinvenimento nei pressi della statua di Padre Pio. Ne parlò diffusamente la stampa locale e la consegna al Comune avvenne in maniera ufficiale. Ma, ripeto, non ero io il Sindaco”.
“Relativamente ai reperti rinvenuti, grazie all’associazione archeologica Ytri, presso l’area archeologica della collina di San Cristoforo, nel Tempio di Ercole e della Dea Fortuna, perché è di tutta evidenza che la denuncia-querela miri a questo risultato, a colpire indirettamente (ma poi mica così tanto) il sottoscritto. Chi ha sporto la denuncia dimostra di non conoscere gli atti dei propri uffici, non effettua la ricognizione del protocollo comunale, non conosce la storia recente di Itri. Il busto del togato che fa bella mostra di sé nell’aula consiliare- ha aggiunto l’ex sindaco Fargiorgio – è lì da circa quattro anni e vi fu riposto a seguito di un bellissimo convegno, un evento ufficiale cui parteciparono in aula consiliare l’8 giugno 2018, alla presenza di un folto pubblico, anche due alti funzionari della Soprintendenza, il dottor Carlo Molle ed il Soprintendente dottor Francesco Di Mario. Agli atti del Comune di Itri vi sono poi rispettivamente una prima nota, la prima del 25 giugno 2018,ad oggetto Verbale di consegna Epigrafe S. Cristoforo ed una seconda nota, del 3 settembre 2018, ad oggetto Verbale di consegna materiale archeologico con relativo elenco. A ciò si aggiunga un ulteriore verbale di consegna, protocollato il 22 febbraio 2021, relativamente a materiale archeologico numismatico (monete), dettagliato in un elenco analitico di ben 36 pezzi”.
“La provenienza dei reperti è dunque certa. E la presa in consegna è stata a suo tempo dettata dalla necessità di mettere in sicurezza quei beni di assoluto valore per la nostra cittadina, al fine di evitare che – osserva l’ex sindaco di Itri – il materiale calcareo di cui sono formati potesse disgregarsi a causa dell’azione degli agenti atmosferici ed anche per evitare che potessero essere sottratti, trafugati e finire così in brutte mani. Aver preso in consegna quei beni ed averne assicurato, per ragioni di sicurezza, una custodia qualificata, quale è quella presso la Casa comunale o il Castello, ritenevo e ritengo essere stata una buona soluzione. E sono pronto a difenderla, in qualsiasi sede”.
L’attacco finale di Fargiorgio ad Agresti è scoppiettante: “Solitamente, ci si lamenta e si sporgono denunce all’Autorità inquirente per cose sottratte o che siano state rubate. Qui, invece, si è presentata una denuncia-querela per beni che sono nella disponibilità dello stesso Ente che si lamenta. A dir poco singolare e ci sarebbe da ridere se tutto ciò non fosse indice del modo in cui la nostra cittadina viene attualmente amministrata. E di come si cerchi di demonizzare gli avversari, probabilmente consapevoli di non essere all’altezza di reggerne il confronto ed il contraddittorio”.
L’ex sindaco di Itri si augura che al termine di quella che definisce una “penosa vicenda” Itri non debba perdere beni archeologici che le appartengono e che segnano una tappa fondamentale nel processo di ricostruzione della storia del proprio territorio.