FORMIA – Formia ha tanti problemi , li ha una delle voci più importanti del suo Pil, il commercio, ma convocare quattro sedute della commissione Attività Produttive che ha la delega agli Affari generali potrebbe essere anche un po’ troppo. La stessa presidente, l’imprenditrice balneare Valentina Di Russo, comincia a far fatica a circoscrivere il suo imbarazzo dopo la terza seduta della commissione che ha presieduto. Le minoranze – bisogna utilizzare il plurale – hanno avviato un’azione di forcing al fronte del testo e del contenuto di un regolamento che, se approvato, limiterebbe ( e di molto) l’attività istituzionale dei 24 consiglieri comunali democraticamente eletti. Il regolamento, che ricalca molto quello in uso al Comune di Gaeta, disciplina il diritto di accesso agli atti secondo quanto prescrive il secondo comma dell’articolo 43 del decreto legislativo 267/2000.
La commissione Attività produttive ( o affari generali) – in base ai gusti – torna a riunirsi venerdì 4 febbraio ma l’ex sindaco Paola Villa e i capigruppo consiliari del Partito Democratico e di “Prima Formia”, Antonio Di Rocco e Luca Magliozzi preannunciano bagarre contro il varo di un regolamento “bavaglio”. Nella terza seduta i rappresentanti delle minoranze hanno chiesto alla maggioranza di bloccare questo “scempio antidemocratico”. E l’hanno con diverse sfaccettature: la professoressa Villa presentando un regolamento alternativo, Luca Magliozzi ha proposto alcuni emendamenti migliorativi, il capogruppo leghista Di Rocco ha semplicemente chiesto di fermare le bocce “perché questo regolamento davanti al Tar diventa carta straccia”.
Secondo l’assessore al ramo, Chiara Avallone, il testo regolamenta l’accesso agli atti secondo quanto prevede la riforma degli enti . Secondo le minoranze la violerebbe così come calpesterebbe una normativa precedente sulla trasparenza degli atti, la legge 241/1990 . Tutto sommato i primi otto articoli sono esplicativi relativamente ai principi del regolamento, alle finalità e all’ambito di applicazione del diritto di accesso, alla sua gratuità (e ci mancherebbe !), al segreto d’ufficio e all’esclusività dell’uso degli atti oggetto di una richiesta, al rispetto del diritto di riservatezza e della privacy. I primi paletti sono contenuti all’articolo 7 del regolamento che fissa una serie di limiti per garantire il diritto di accesso ai documenti amministrativi ma lo scoglio più insidioso è rappresentato dall’articolo che relativamente all’esercizio del diritto di accesso afferma chiaramente che deve effettuato “direttamente e personalmente dai consiglieri comunali”.
Il consigliere non è tenuto a motivare la richiesta, né l’ Ente ha titolo per sindacare il rapporto tra la richiesta di accesso e l’esercizio del mandato. La richiesta di notizie e di informazioni può essere fatta verbalmente e senza alcuna formalità dal consigliere comunale interessato al Dirigente del Settore competente ovvero al dipendente indicato dal Dirigente al consigliere comunale ma per le minoranze un pugno nello stomaco è rappresentato dai due successivi commi.
Insomma la richiesta di visione ma anche di rilascio degli atti e documenti e delle loro copie , deve essere inviata all’ indirizzo istituzionale dell’ Ente di posta elettronica certificata (pec) non solo al dirigente del settore competente ma contestualmente anche al Sindaco, quale Titolare del trattamento dei dati personali. Nel caso la richiesta di visione e di rilascio copie di atti e documenti non venga indirizzata contestualmente al Sindaco e al Dirigente del Settore competente, “la richiesta non potrà essere esaminata e i termini per il relativo esame previsti dall’ articolo 10 del presente regolamento restano sospesi fino a quando il consigliere comunale non provveda ad integrare la presentazione della richiesta”.
Ma non è finita La richiesta deve essere determinata e non generica e dovrà indicare gli estremi del documento ovvero gli elementi che ne consentano l’individuazione ed essere identificabile e rintracciabile con il numero di protocollo. In caso di richiesta irregolare o incompleta il Dirigente del Settore competente deve invitare entro 10 giorni, per iscritto, il richiedente a regolarizzarla e/o integrarla entro ulteriori 5 giorni. E poi la richiesta è inammissibile se formulata in modo generico o priva di dati identificativi del documento oggetto dell’accesso o priva degli elementi che consentano comunque di individuare l’atto in maniera univoca; se concerne intere categorie di atti (esempio tutte le ordinanze sindacali, tutti gli atti adottati successivamente ad una determinata data, etc). Ma una vera museruola è costituto dall’articolo 10, quello che affronta l’esame temporale della richiesta di accesso.
I tempi sono assai contestati perché uno consigliere comunale di Formia, che erroneamente viene equiparato ad un cittadino comune, dovrà attendere tantissimo per vedersi esaudita la propria istanza. La richiesta d’accesso è esaminata dal Dirigente del Settore competente che provvederà a riscontrarla, salvo il consigliere comunale richiedente non rappresenti con la stessa una particolare e motivata urgenza, entro il termine di 15 giorni dalla data di presentazione. Questo termine può essere prorogato per esigenze organizzative o di carico di lavoro, fermo restando che la richiesta di accesso deve essere riscontrata entro 30 giorni dalla data di presentazione della stessa. Il procedimento di accesso si concluderà poi l’accoglimento della richiesta, il suo diniego e il differimento o la limitazione dell’accesso. La bagarre è appena iniziata.