CASSINO – “La caserma dei carabinieri quale teatro del delitto di Serena Mollicone? Quando mai. L’avra’ detto il Maresciallo Franco Evangelista…Io non l’ho mai dichiarato e tantomeno pensato”. Questo colpo di scena ha vivacizzato la lunga e contrastante deposizione dell‘appuntato Ernesto Venticinque nella nuova udienza del processo per la morte della studentessa di Arce. Ma non ha saputo ripetere quanto verbalizzato al sostituto procuratore Maria Perna nel 2017 e la collega Siravo ha più volte invitato il presidente della corte d’Assise del Tribunale di Cassino Massimo Capurso a chiedere al teste di essere più preciso e attento rispetto al contenuto investigativo prodotto cinque anni fa.
In servizio presso la stazione dei Carabinieri dal 1992 al 2015, Venticinque e’ uno dei principali testi della Procura. Insieme al suo superiore, il maresciallo Franco Evangelista contribuì nel 2017 a far riaprire – come detto – le indagini sul delitto del 1 giugno 2001. Il 27 giugno di quell’anno Venticinque sottoscrisse un memoriale di servizio insieme all’allora comandante Mottola sulle ricerche di Serena dopo la sua scomparsa, sugli ordini di servizio svolti quel giorno, sulle presenze e sulla vita all’interno della caserma. L’appuntato decise di prendere parte alle indagini dopo che il successore di Mottola, il Maresciallo Evangelista, gli mostrò un ordine di servizio proveniente dalla stazione di Fiuggi che segnalava un gruppo di assuntori di droga di Arce frequentare una discoteca di Tecchiena. Tra questi c’era il figlio del conandante Mottola, Marco, che, una volta sorpreso con alcune dosi di droga, venne condotto in caserma dal padre.
Franco reagi’ nervosamente con un pugno sul tavolo dicendo di voler andar via da “questo posto”. Per il maresciallo Esposito sullo sfondo di quella segnalazione c’era il movente del delitto di Serena. Alle indagini diede impulso l’assoluzione definitiva di Carmine Belli ma non tutti i Carabinieri erano interessati, da Francesco Suprano a Santino Tuzi. Quest’ultimo pero’ per conto del comandante Mottola prelevò, insieme a Venticinque, presso una ferramenta di Arce una matassa di filo di ferro per equipararlo con il materiale con cui fu immobilizzato il cadavere di Serena. L’appuntato ha aggiunto di aver visto la porta rotta del bagno dell’alloggio sfitto soltanto nel 2008 quando ci fu il sopralluogo dei Ris. Ha dichiarato di non esserci mai andato in precedenza e tantomeno nel 2001.
Il giorno della scomparsa di Serena l’appuntato non era in servizio. Il giorno dopo lavorò dalle 16 alle 22, andò in piazza ad Arce e vide un gruppo di giovani pronto per andare a rintracciare Serena. Venticinqe ha confermato di essere stato invitato – ma non ha saputo dire da chi – ad andare presso il Bar Chioppetelle laddove sarebbe stata avvistare Serena la mattina del 1 giugno per poi allontanarsi a bordo di un’auto di color rosso. L’appuntato, che sino al 27 giugno di quell’anno ha sempre effettuato servizi all’esterno della caserma di Arce, ha risposto al Tribunale che non avrebbe mai immaginato che la scomparsa della studentessa avrebbe conosciuto un epilogo tragico e misterioso. Il 3 giugno 2001 Venticinque lavorò nel turno di mattino. Fu invitato ad andare nel boschetto di Fonte Cupa dove venne trovato il cadavere di Serena. Sul posto trovò il comandante Mottola che, mettendosi le mani in testa, esclamo in stretto dialetto casertano:”Cosa le hanno fatto!”.
In apertura di udienza l‘appuntato Emilio Cuomo, che raccolse molte confidenze di Santino Tuzi prima del suo suicidio avvenuto l’11 aprile 2008, ha dichiarato che il brigadiere suicida di Sora non gli hai mai riferito di aver visto Serena la mattina del 1 giugno 2001 .Cuomo era venuto a conoscenza della scomparsa di Serena da papà Guglielmo al punto da portare la foto della studentessa e l’avviso di scomparsa ai Carabinieri di Pontecorvo.
In precedenza il maresciallo Rocco Pagliaroli ha confermato, inoltre, di aver accompagnato 1 giugno il comandante Mottola – assente in aula insieme al figlio Marco e alla moglie Annamaria – di ritorno da Frosinone dove aveva partecipato ai preparativi per la festa provinciale dei Carabinieri.
L’udienza si è conclusa con la deposizione di un quarto ed un quinto Carabiniere, Giuseppe Di Feola e Franco Evangelista (un omonimo dell’ex comandante della stazione di Arce), che non hanno ripetuto anche loro il contenuto delle loro dichiarazioni rese alla Procura nel 2018, soprattutto in ordine al mistero principale: la mattina del 1 giugno Serena entrò in vita nella Caserma di Arce per poi uscire cadavere?
Il portavoce della famiglia Mottola, il crimimologo Carmelo Lavorino è stato durissimo contro la Procura: “In Tribunale è avvenuta l’implosione di un impianto accusatorio vuoto e contraddittorio – ha detto – Gli stessi testi del Pm smentiscono l’impostazione dell’accusa, che si scioglie come neve al sole. Il carabiniere Cuomo ha dichiarato che Tuzi non gli ha mai riferito di avere visto Serena la mattina, e pensare che la sera del primo giugno Tuzi e Cuomo ricevettero la denuncia verbale da parte dei fratelli Mollicone che Serena era scomparsa, dicendo che era scomparsa sin dalla mattina. Perchè Tuzi non lo comunicò a nessuno. Ed ancora, il carabiniere Venticinque ha smentito le dichiarazioni del Maresciallo Evangelista, specialmente laddove questi lo aveva indicato come fautore della teoria “omicidio avvenuto in caserma Cc” ed altro. Addirittura lo ha accusato con forti parole e con toni molto accesi, chiedendo il confronto diretto in aula. Gli avvocati della Difesa Mottola stanno predisponendo una serie di iniziative legali molto forti. Ormai contro i Mottola non c’e’ più nulla”.
Il processo nelle prossime due udienze, venerdì 18 e 25 febbraio, esaurirà la chilometrica lista testi della Procura che, su richiesta del Presidente Capurso, ha deciso di effettuare alcuni “tagli” per tentare di arrivare alla sentenza prima del 1 luglio 2022 giorno in cui il Presidente del Tribunale di Cassino dovrebbe beneficiare del meritato pensionamento.