GAETA – Non sarebbe dovuto iniziare il processo sul racket di alcuni stabilimenti balneari di Gaeta. A sentenziarlo è stato il giudice monocratico del Tribunale di Cassino Marco Guioia che ha assolto i quattro imputati di Formia ai danni dei quali il Gip Salvatore Scalera aveva chiesto nel 2020 finanche l’applicazione di una curiosa misura cautelare (quella di recarsi…a Gaeta), un diniego opposto dalla Procura della Repubblica di Cassino davanti il Tribunale del Riesame di Roma. Le prime indagini erano iniziate nel giugno 2019 in seguito a un atto intimidatorio ai danni di uno stabilimento di Gaeta. A chiedere l’intervento delle forze dell’ordine furono all’epoca due imprenditrici balneari di Scauri, Fabiola D.M:, di 48 anni, e Maria P,, di 71 anni, madre e figlia, inizialmente indagate e titolari di una regolare concessione comunale marittima, la numero 4 del 2015, furono costrette, a loro dire, a non esercitare l’attività di noleggio di attrezzatura da spiaggia su un tratto di spiaggia libera in località Ariana a Gaeta.
Della loro vicenda imprenditoriale, iniziata come detto nel giugno 2019 e conclusasi nel febbraio successivo, si occuparono subito gli agenti del commissariato di Polizia di Gaeta, il cui intervento fu richiesto quando ignoti nottetempo agli inizi della stagione balneare 2019 cosparsero di benzina i lettini e le sdraio di proprietà delle titolari dell’attività di noleggio. Le indagini durarono otto mesi e a coordinarle fu il sostituto procuratore Valentina Maisto contro i quattro presunti concorrenti delle donne scauresi, Damiano V., ora 52enne di Formia, Antonio B., di 50 anni di Gaeta, Filippo N., di 49 anni di Formia ed una donna di 45 anni, Annunziata S, anche lei di Formia, poi difesi con successo dagli avvocati Renato Ciamarra, Felice Belluomo, Alfredo Zaza d’Aulisio, Vincenzo Macari e Matteo Macari
Con la conclusione delle proprie indagini preliminari e ancorprima con il divieto di raggiungere Gaeta la Procura di Cassino definì anche ruoli e compiti di questo quartetto: se Antonio B. fu considerato l’istigatore, gli altri tre sarebbe stati gli autori materiali dei diversi episodi intimidatori commessi. Furono tuttavia indagati con le ipotesi accusatorie di estorsione, atti persecutori e furto aggravato, reati che avevano lo scopo di accaparrarsi la clientela delle due noleggiatrici di Scauri. Tra questi la Polizia accertò l’imbrattamento, compiuto con la vernice, dell’auto del bagnino che prestava servizio presso lo stabilimento balneare dell’Ariana, la sottrazione delle chiavi dei servizi igienici del lido per provocare, a causa della loro chiusura, la revoca della concessione demaniale, il ricorso ad una colla speciale per danneggiare un lucchetto attraverso il quale l’attrezzatura da spiaggia non poteva essere utilizzata.
E ancora tra gli atti intimidatori gli agenti inserirono anche il danneggiamento e la sottrazione di parti del chiosco-bar, dei kit di salvataggio dei bagnini contenenti le bombole di ossigeno ed una palla ambu abitualmente utilizzate nelle operazioni di soccorso, la realizzazione di lavori straordinari a carico di costi superflui ai danni dell’attività di noleggio, la promozione fraudolenta di una vertenza sindacale del valore di 30mila euro nei confronti delle due concessionarie, l’inoltro di richieste arbitrarie di controlli infondati sull’area di spiaggia in concessione, la presentazione di false querele, il reclutamento di falsi testimoni e la manipolazione del proprio fatturato per costringere le due donne – cosa poi avvenuta – ad abbandonare la propria attività lavorativa.
Il secondo capo d’imputazione fu altrettanto grave. Questo stato di cose avrebbe provocato alle due noleggiatrici di Scauri un “perdurante e grave stato di disagio, turbamento e timore per la propria incolumità. Erano sempre preoccupate – scrisse il Pm Maisto – di essere sempre aggredite dai quattro indagati al punto da essere costrette ad alterare le proprie abitudini di vita,svolgimento del proprio lavoro e condizionare la vita relazionale e sociale. Ora bisognerà attendere 60 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza del giudice Gioia che ha stabilito che il procedimento penale a carico degli imputati, non doveva proprio nascere.