MINTURNO – Presentando alcune memorie davanti la prima sezione della Corte d’Assise d’appello, alcune delle parti civili hanno ribadito la loro contrarietà alla concessione dei domiciliari a favore di Eduardo Di Caprio, l’uomo di 39 anni che la sera del 25 gennaio 2019, a bordo della sua Ford Fiesta, in via Antonio Sebastiani a Scauri investì mortalmente Cristiano Campanale, di 28 anni e, subito dopo il fatto, brandendo un bastone, aggredì, ferendolo gravemente, il fratello, Andrea, di 23 anni.
I familiari della vittima attraverso gli avvocati Luca Capolino, Roberto Palermo e Attilio Di Nardo, hanno motivato il loro diniego: se Di Caprio lasciasse il carcere, anche se munito di braccialetto elettronico, per scontare la condanna presso l’abitazione di sua sorella potrebbe reiterare il reato. Questa posizione è stata ribadita davanti gli stessi giudici di secondo grado che lo scorso ottobre hanno confermato per Di Caprio la condanna a 16 anni e 8 mesi di reclusione emessa dal Gup del Tribunale di Cassino Salvatore Scalera al termine del rito abbreviato. I legali di parte civile hanno definito inammissibile la richiesta della difesa di Di Caprio non è stata notificata, per esempio, alla madre della vittima e, secondo quanto prevede una direttiva comunitaria del 2012 in tema di reati di sangue, non sono state coinvolte tutte quelle persone legate da un vincolo affettivo stabile con lo stesso commerciante di Scauri. Intanto la pesante sentenza d’appello è stata impugnata dai due difensori di Di Caprio, gli avvocati Pasquale Cardillo Cupo e Paolo Barone, in Cassazione.
Soprattutto Cardillo nel corso del rito abbreviato aveva chiesto la derubricazione dei reati di omicidio doloso e tentato omicidio rispettivamente in omicidio preterintenzionale e lesioni. E invece la corte d’Assise d’appello aveva accolto l’istanza del procuratore generale che al termine della sua requisitoria aveva chiesto ed ottenuto la conferma della condanna di primo grado.
Eduardo Di Caprio agì quella sera accecato dall’ira dopo aver ricevuto – secondo quanto ribadito dalla sua difesa – alcuni messaggi whattsapp dal forte contenuto provocatorio per via di presunti sentimenti di rivalsa e gelosia legate alle rispettive attività lavorative e professionali. Secondo i legali di alcuni parte civili, l’avvocato Luca Capolino ed il dottor Riccardo Tucciarone, Di Caprio avrebbe agito con dolo e premeditazione.
A costituirsi parte civile contro l’imputato, sono stati il fratello Francesco, i genitori Mario e Maria Grazia e due zii. Secondo la ricostruzione della Procura di Cassino Di Caprio alla vista dei fratelli Campanale che, lo stavano attendendo sul marciapiede all’altezza del civico 401 di via Antonio Sebastiani – di fronte l’attività commerciale di famiglia – sterzò improvvisamente verso destra. L’utilitaria, alla velocità di 40 chilometri orari, abbattè un palo della segnaletica che, cadendo, investì in pieno Campanale tanto da riportare lo “sfacelo cranico-encefalico”.
Il fratello non ebbe il tempo di difendersi e di allontanarsi e l’aggressione subita dal bastone che aveva con se Di Caprio gli procurò lesioni giudicate guaribili in 15 giorni. E invece il pronunciamento dei giudici d’appello ha dimostrato la volontarietà dell’investimento operato da Di Caprio, un movente che – secondo quanto ribadito dalla difesa – non è stato ancora definito dopo le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Cassino.