FROSINONE – Diventa esecutiva e definitiva la condanna a 24 anni di carcere per Nicola Feroleto, il muratore di 52 anni di Villa Santa Lucia accusato di non aver impedito il 17 aprile 2019 la morte del piccolo Gabriel, il bambino di soli 28 mesi nato da una relazione extraconiugale con Donatella di Bona, di 29 anni. La Corte di Cassazione ha respinto per l’inammissibilità delle ragioni contenute il ricorso proposto dal nuovo legale dell’uomo, l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, contro la sentenza a 24 anni di carcere emessa dalla Corte d’assise d’appello di Roma.
Prima di quel giudizio Feroleto aveva sottoscritto un concordato con la Procura di Cassino, una sorta di patteggiamento grazie al quale, in virtù del riconoscimento di alcune attenuanti generiche, si era visto ridurre la condanna di primo grado dell’ergastolo a 24 anni di carcere. Chiaro il pronunciamento dei giudici della Suprema Coorte che, definendo inammissibile il ricorso del muratore di Villa Santa Lucia, ha precluso per l’uomo la possibilità di vedersi riconosciuto eventualmente un altro sconto di pena. Se la vicenda processuale per Feroleto termina di fatto qui, l’inammissibilità del suo ricorso pone fine anche al sequestro cautelativo dell’abitazione in cui hanno vissuto sino a tre anni fa Donatella di Bona, il fratello e l’anziana madre Rocca Di Brango.Per la revoca dei sigilli si è molto battuto nel corso di questi anni l’avvocato di parte civile Alberto Scerbo, impegnato a far archiviare un’altra trista vicenda collegata al delitto di Gabriel, avvenuto peraltro a poche centinaia di metri di distanza.
L’inammissibilità del ricorso per Cassazione di Feroleto è arrivata a poche ore da un’altra decisione clamorosa: Donatella di Bona, reo confessa del delitto del suo primogenito, ha inviato dal carcere romano di Rebibbia una lettera ai suoi due legali, gli avvocati Lorenzo Prospero e Chiara Cucchi, comunicandogli la scelta di non impugnare davanti la Suprema Corte la condanna a 16 anni di reclusione inflitta il 10 gennaio scorso al termine del processo di secondo grado che si svolse davanti la Corte d’Assise d’Appello di Roma.
“Voglio pagare sino in fondo il mio conto con la giustizia. Basta con i processi” ha scritto la donna, accusata di aver soffocato e strangolato Gabriel perché infastidita dal suo pianto durante un momento di intimità con Nicola Feroleto. La decisione di evitare il processo in Cassazione l’ha assunta la stessa Donatella. Le motivazioni della sentenza d’appello, pur riducendo la condanna a 16 anni rispetto ai 30 decretati il 12 novembre dal Gup del Tribunale di Cassino Domenico Di Croce al termine del rito abbreviato, avevano rigettato la richiesta della difesa di rinnovare lo svolgimento della perizia psichiatrica motivo per il quale l’eventuale processo in Cassazione avrebbe avuto un carattere formale dal punto di vista giuridico. Per Donatella Di Bona inizia una lungo periodo riabilitativo “nel corso del quale – hanno detto gli avvocati Prospero e Cucchi – la sua difesa le sarà sempre vicino”.