Cassino / Delitto Serena Mollicone: concluse le controrepliche, venerdì la sentenza

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CASSINO  – “E’ piu’ facile scrivere una sentenza di condanna che di assoluzione nei confronti dei cinque imputati perchè gli elementi acquisiti, a differenza di quanto sostiene la difesa,sono oggettivi, gravi e concordanti“. E’ stato questo il contenuto della controreplica del sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo nella penultima udienza  – la sentenza è in programma venerdì 15 luglio – del processo per la morte di Serena Mollicone. Il magistrato titolare delle indagini ha rinnovato le linee guida della sua tesi accusatoria: la mancanza delle impronte non ha impedito di indagare i Mottola – chi ha operato ha utilizzato i guanti.

La prima richiesta di archiviazione per Santino Tuzi era stata motivata solo dall’ipotesi della delusione sentimentale. Tuzi ha avuto ragione affermando che Serena il 1 giugno 2001 è entrata in caserma. La foglia nel calzino è un elemento neutro: Serena, ormai priva di vita,  non può  aver perso le scarpe nel bosco perchè il calzino è stato pulito, nonostante l’umidità della notte. Il Pm Siravo ha confermato invece che nell’ora presunta del trasporto del cadavere – rinviato di notte perchè nella tarda serata del giugno si era abbattuto un temporale su Arce –  Franco Mottola abbia ricevuto una telefonata di Guglielmo Mollicone alle 00.43 del 2 giugno 2001. Per quest’operazione ci sarebbe stato tempo sino alle 1.34 (quando l’ex comandante ha parlato di nuovo con il papà di Serena) di quella notte perchè la distanza tra la caserma e Fonte Cupa era percorribile in “dieci minuti”. 

La pm ha poi aggiunto: ”Il maresciallo Mottola nel pieno delle ricerche di Serena Mollicone, mentre aspettava Guglielmo Mollicone, cosa fa, va a passeggio con la moglie? Questo è poco credibile”. Infine parlando della moglie Annamaria Mottola ha sottolineato: ”Ha negato fino alla morte di essere uscita quella sera, negando anche l’evidenza. Come si spiega che Mottola ci tenga cosi tanto a negare questa circostanza?”.

Nelle loro controrepliche i legali di parte civile Federica Nardoni, Elisa Castellucci, Antonio Iafrate e Dario De Santis hanno condiviso le conclusione della Procura. Due in particolare: la scienza ha contribuito ad affermare come la porta del bagno dell’alloggio sfitto sia stata l’arma del delitto e rappresenti “il filmato di quanto avvenuto” e la questione centrale del processo è stato l’ingresso di Serena nella caserma di Arce e lo comproverebbero le dichiarazioni rilasciate nel 2008 del brigadiere Santino Tuzi a causa delle quali si è tolto la vita e “non certamente per una delusione sentimentale”.

A fronte della nota e durissima requisitoria della Pm Siravo nei loro ultimi interventi gli avvocati Francesco Candido e Paolo D’Arpino hanno chiesto di nuovo l’assoluzione per il maresciallo Vincenzo Quatrale – imputato per istigazione al suicidio, reato di cui è stato sollecitata la riqualificazione in omicidio colposo .

E’ stata una richiesta rinnovata dai colleghi Cinzia Mancini ed Ermanno Germani per l’ex appuntato Francesco Suprano.

L’udienza è terminata con le pirotecniche controrepliche dei legali dei principali imputati, Franco, Marco e Annamaria Mottola per i quali l’avvocato Francesco Germani aveva concluso in mattinata l’arringa difensiva. Dagli interventi dei colleghi Mauro Marsella, Piergiorgio Di Giuseppe ed Enrico Meta sono volate parole grosse nei confronti della Pm Siravo che aveva accusato di “scorrettezza” la difesa Mottola. A loro dire la Procura, che ha chiesto 30, 24 e 21 anni di reclusione per i componenti della famiglia Mottola, non ha ancora spiegato perché è morta Serena: “Non c’è un movente alla base del delitto e non emerge neppure da alcune lettere scritte dalla studentessa ad alcuni familiari di cui si fidava”.

 

 

”Il movente sembra sia sparito, un processo per omicidio senza un movente non esiste”. Lo ha rimarcato Mauro Marsella, uno dei legali di punta della famiglia Mottola. Per sostenere la sua tesi l’avvocato ha letto in aula un passaggio di una lettera che sarebbe stata scritta nel 1997 da Serena Mollicone alla cugina e di cui la difesa sarebbe entrata in possesso.”Abbiamo dovuto dimostrare che Serena era una ragazza come tutte le altre, non è una questione personale – dice Marsella – il 26 dicembre del 1997 Serena scrive: ‘Oggi pomeriggio ho fumato una canna… su che quando vieni anche tu ci facciamo una canna insieme’.?Da questa lettera risulta impossibile che Serena sia andata in caserma a denunciare Marco Mottola per droga”.

A fine dell’udienza, l’avvocato Dario De Santis, legale storico del padre e dello zio di Serena, Guglielmo e Antonio Mollicone, ha replicato così a Marsella: “La difesa ha prodotto questa lettera ma non è provato che sia di Serena“. ”In ogni caso – ha aggiunto – è una lettera che non dimostra nulla, sarebbe indicativa di un uso occasionale risalente a 4 anni prima, per un adolescente una vita prima. Se anche vi fosse stata quell’esperienza sarebbe servita a maturare un’avversione alle sostanze stupefacenti e quindi sarebbe indicativa di un percorso di maturazione. Ci sono deposizioni di amiche circa il fatto che Serena era contraria all’uso di stupefacenti”.

Venerdì 15 luglio, dopo oltre 50 udienze ed un anno e mezzo di dibattimento, calerà il sipario sul processo Mollicone. Alle 10 ci sarà la controreplica conclusiva dell’avvocato Francesco Germani . Successivamente la Corte d’Assise del Tribunale di Cassino si riunirà in camera di consiglio per emettere l’attesa sentenza. “Siamo fiduciosi – ha detto nell’intervista video allegata l’avvocato di parte civile Antonio Iafrate, legale della sorella di Serena, Consuelo Mollicone – perché la Procura è stata bravissima nel far confluire in questo processo elementi oggettivi e concreti da cui credo sia difficile trovare una soluzione alternativa. I calchi sono un elemento probatorio assoluto di questo processo, ci consentono di toccare con mano quello che è il risultato della scienza. Questi calchi pongono un mattone fondamentale per l’accertamento della verità”.

 

“Speriamo che sia una sentenza che veramente dia giustizia a Serena” ha detto l’avvocato Elisa Castellucci, legale di Maria Tuzi mentre l’avvocato del pool della difesa dei Mottola Germani ha aggiunto: “Attendiamo fiduciosi, ormai questa non è più la mia ora, è l’ora della Corte”.

L‘avvocato Germani completando l’arringa delle difese ad inizio udienza era stato molto severo: ”Il comportamento dei Mottola alla luce della ricostruzione del pm non è logico” e ”non ci è stata fornita una valida alternativa, quindi quei comportamenti non si sono verificati”. I Mottola, ha aggiunto, ”erano e sono innocenti e consapevoli che questa Corte non potrà fare altro che ribadire questa lapalissiana verità”. Germani ha sottolineato quindi che, ad esempio, sui ”presunti depistaggi non c’è nessuna prova”. Quanto al trasferimento del maresciallo Franco Mottola, ha proseguito, che ”è avvenuto a richiesta e non per punizione’‘ e che inoltre il ”maresciallo Mottola è andato a ricoprire un ruolo più importante”.

”Altra nube che ancora non si è dissipata – ha continuato l’avvocato Germani – è che Franco Mottola avrebbe prelevato Guglielmo nell’ora più drammatica per un padre, quello della veglia funebre, e che lo avrebbe fatto attendere per ore. Invece il capitano Trombetti ci dice che è stato lui, su impulso della procura, a far chiamare Guglielmo Mollicone per farlo andare in caserma”. ”Mottola sapiente manovratore sa che il figlio ha fatto sbattere Serena contro la porta e si tiene la porta per 13 anni – ha detto ancora Germani rinnovando il contenuto dell’intervento del legale di Francesco Suprano, l’avvocato Ermanno Germani – poi quando viene trasferito la lascia lì. Come poteva sapere che non ci fosse un capello, una goccia di sudore, una goccia di sangue di Serena? La prima cosa che in genere si fa è far sparire l’arma del delitto, invece Mottola lascia la porta lì alla mercé del primo esperto dei Ris“. L’avvocato Franco Germani era arrivato ad una conclusa: ”L’accusa è crollata all’esito del lungo dibattimento, vi affido – ha detto rivolgendosi alla Corte d’Assise del Tribunale di Cassino l’avvenire, la sorte e il destino dei signori Mottola e vi chiedo l’assoluzione con formula piena per non aver commesso il fatto”.

Non è tardato ad arrivare in serata il commento video del coordinatore del nutrito collegio difensivo, il criminologo Carmelo Lavorino: “Il Pm non ha nulla in mano, tenta solo di limitare i danni e di difendere tutte le carenze e tutti gli errori sinora commessi nelle varie fasi delle indagini. Ha spostato a proprio piacimento gli orari fissati in precedenza per accusare i Mottola per fare quadrare i tempi: è un metodo antiscientifico, fallace e illogico e, soprattutto, inaccettabile. Inoltre, cambia a proprio piacimento il movente, le motivazioni, i contesti, i comportamenti, l’interpretazione degli indizi. Sui frammenti lignei – ha aggiunto il professor Lavorino – ha prodotto un ragionamento incomprensibile e, da quel poco che abbiamo compreso, anche fallace. Per anni ha ritenuto che le impronte digitali sul nastro fossero dell’assassino o di un complice, ora, per evitare la sconfitta, afferma apoditticamente che possono essere state lasciate… da altri e che siano frutto di contaminazione esterna. Ma come, per anni le impronte digitali sono dell’assassino o di un complice, oggi per convenienza non sono più del team criminale? Il Pm deve cercare la verità oggettiva, non quella che gradisce per vincere la causa e sulla quale ha puntato la propria teoria. Illazioni, nessuna prova, sospetti senza riscontri, nulla di nulla”.