Il sistema economico laziale ha un grande sistema immunitario, quelle delle multinazionali. Due dati su tutti: il 23% del fatturato della regione ed il 20,9% del valore aggiunto sono garantiti proprio dalle multinazionali che generano un valore aggiunto di 18 miliardi di euro, pari al 13% di quello prodotto su scala nazionale. A puntualizzarlo il centro studi di Unindustria che attribuisce al sistema delle multinazionali, anche dopo la pandemia, un ruolo nevralgico per permettere all’intera economia laziale di coltivare ora ampi margini di rilancio dopo la stagnazione legata al Covid. Questa enorme massa di ricchezza e reddito viene garantita nel complesso da 4149 unità locali di gruppi esteri anche se quelle di grandi dimensioni, che superano i 250 addetti, sono appena 123, ancora una volta il 13% del totale nazionale.
“A beneficiare di questo ruolo trainante sono naturalmente gli stessi dipendenti laziali delle multinazionali: la loro retribuzione media – osserva Alessandra Santacroce, vicepresidente di Unindustria con delega alle multinazionali e ai mercati esteri – raggiunge i 43mila euro contro i 39milaeuro della media italiana. Le multinazionali rappresentano un valore aggiunto per i territori in cui sono presenti, quindi bisogno moltiplicare gli sforzi per trattenere quelle già attive e allo stesso tempo attirarne di nuove”. Per riuscirci Unindustria e Regione Lazio stanno studiando quello una ‘Customer Care’, un progetto ancora in fase embrionale che prevede la costituzione di una cabina di regia condivisa attraverso la quale offrire una risposta in tempo reale alle esigenze di queste grandi aziende.
“Si tratta- spiega la vicepresidente di Unindustria– di una struttura capace di creare un raccordo tra la pubblica amministrazione e le aziende, quindi un punto di accesso per chi sceglie di investire a Roma e nel Lazio che favorisca la semplificazione e riduca la burocrazia”. È questa la strada per accrescere gli arrivi dall’estero in un periodo in cui l’attenzione degli investitori stranieri verso la Capitale sembra più alta che mai. A dimostrarlo i tantissimi casi di maxi investimenti annunciati dalle grandi catene alberghiere internazionali che porteranno a Roma i loro hotel a cinque stelle. Si tratta di un esempio come tanti che conferma una ritrovata attrattività di un territorio che proprio attraverso la modernizzazione può diventare ancora più appetibile per questi colossi mondiali.
È il caso della Ibm che poco più di due anni fa ha aperto un nuovo centro di innovazione, parte della rete intemazionale del gruppo, nato da un accordo con la Regione Lazio e il ministero dello Sviluppo Economico. Un’operazione che da un lato nasce per sviluppare soluzioni innovative sul suolo italiano e dall’altro è stata capace di dare lavoro a 120 persone. Su questa scia si inserisce anche il progetto del Rome Technopole, il Politecnico di Roma che sorgerà nei prossimi anni per favorire la creazione di una nuova generazione di talenti nelle materie scientifiche e allo stesso tempo creare un collegamento costante con il mondo delle imprese.
Un altro progetto strategico che può funzionare da attrattore per gli investitori internazionali, gli stessi investitori che guardano oggi con interesse alle opportunità che potrebbero nascere tanto dai bandi del Pnrr quanto dalla possibilità che Roma riesca a ospitare l’Expo del 2030.