Addolorato e dispiaciuto. L’Arcivescovo di Gaeta, Monsignor Luigi Vari, ha deciso di ricorrere alle carte bollate – coinvolgendo il locale commissariato di Polizia – per difendersi da quella che i suoi più stretti collaboratori definiscono una “gratuita campagna d’odio” dopo la decisione della Curia di formalizzare un contratto d’affitto, per i prossimi 30 anni, con una società di Fondi per la trasformazione in “Afficamere” di una storica struttura di proprietà dell’Arcidiocesi in via della Breccia, nella zona di rispetto del parco urbano di Monte Orlando e dunque dell’ente parco Riviera d’Ulisse.
Il villino ora ha un nome, “Villa Regina”, ed è cliccatissimo su uno dei più importanti motori di ricerca nel settore alberghiero e ricettivo. Un esempio: per trascorrervi una notte nel prossimo fine settimana in una sono necessari 328 euro. Forse per questo motivo il presule della Chiesa gaetana è finito nel tritacarne dei social. Ma non solo. L’immobile era stato acquistato a sue spese nei primi anni Duemila dall’allora arcivescovo di Gaeta, Pierluigi Mazzoni, che, prelevandolo dai salesiani gestori del vicino oratorio, lo donò al patrimonio immobiliare della stessa Arcidiocesi.
Monsignor Mazzoni quand’era alla guida della chiesa del sud pontino espresse, anche pubblicamente, un desiderio: questa struttura con una veduta mozzafiato sull’intero Golfo di Gaeta diventi una residenza per vescovi emeriti e sacerdoti in pensione. Ma le cose purtroppo andarono diversamente.
Quand’era arcivescovo Monsignor Fabio Bernardo D’Onorio l’immobile fu assegnato dalla Curia che, attraverso un contratto di comodato d’uso, permise all’Ipab della Santissima Annunziata e, dunque, della Regione Lazio di concretizzare un progetto per l’accoglienza di giovani immigrati in attesa di asilo politico. Da questo momento la struttura, forse senza i dovuti e necessari controlli, è finita in una situazione di abbandono e di degrado.
L’Arcidiocesi di Gaeta ha deciso di rilanciare la fruibilità di un bene di sua proprietà ma con un duplice obiettivo. La società locatoria, accendendo un mutuo, ha deciso di finanziare a sue spese gli interventi di riqualificazione e sistemazione che la stessa Arcidiocesi non avrebbe mai potuto eseguire. Poi la stessa Curia, al termine di una lunga e attenta verifica interna, non ha deciso di effettuare alcuna speculazione immobiliare ma di utilizzare il canone mensile di 2000 euro che le serve la società di Fondi per onorare il mutuo acceso in passato dal demanio per finanziare i lavori di riqualificazione e restauro della sottostante chiesa di San Francesco.
L’Arcidiocesi di Gaeta doveva effettuare una pubblica manifestazione di interesse per scegliere il locatorio di “Villa Regina”? Assolutamente no. Una trattativa sarebbe stata avviata anche con la governance dell’ente Parco Riviera di Ulisse interessata alla struttura quando era rimasta senza una sede. Lo rivela la stessa presidente Carmela Cassetta. Le parti non raggiunsero un accordo che non riguardò l’entità economica del contratto di affitto ma la necessità di rendere di nuovo fruibile, magari con l’apporto del nuovo inquilino, pubblico o privato che fosse, l’immobile ormai invaso da sterpaglie e vittima di danni incalcolabili come la distruzione delle suppellettili e la rimozione finanche delle condutture idriche.
L’Arcidiocesi è stata zelante ed attenta nella gestione di questa fase: “Naturalmente sono state effettuati i controlli nei confronti dei numerosi aspiranti che ci richiedevano la struttura. E molte verifiche sono state disarmanti. Noi chiedevamo l’affidabilità dei nostri interlocutori, capire chi fossero e quali fondi avrebbero utilizzato per riqualificare la struttura. Sono state espletate anche tutte le procedure previste dalla legge, molte delle quali hanno riguardato i rapporti con il Suap e l’ufficio urbanistica del comune di Gaeta – ci ha dichiarato don Adriano Di Gesà, responsabile degli affari amministrativi dell’Arcidiocesi del Golfo – Chi usa i social media sa quanto bene possono fare alla società e alla Chiesa per aiutare le persone a comunicare e condividere. In questi giorni, tuttavia, sono diventati un luogo di disinformazione e di aggressione, colpendo l’Arcivescovo con offese esplicite, ingiuriose della persona e dell’intera Chiesa diocesana”.
Monsignor Luigi Vari si è visto costretto a fare ricorso, “suo malgrado”, alle carte bollate perchè l’Arcidiocesi è stata accusata di aver privatizzato alcuni spazi che in un passato glorioso era stato adibito ad ospitare attività ludiche e aggregative dell’oratorio Don Bosco. “Non si dica per favore che doveva essere in quella fase storica la Curia a gestire quegli spazi che non erano suoi ma del demanio. Fu quest’ultimo a chiedere di rendere inagibili quei luoghi, diventati pericolosi per i suoi utenti, bambini e giovani. Tutto qui.”
Naturalmente l’Arcidiocesi non ha gradito le prese di posizione di alcuni rappresentanpolitici ed istituzionali di Gaeta che avrebbero avuto il “demerito” di alimentare le accuse dei social. E a ribadirlo è stato un comunicato ufficiale che, apparso nel pomeriggio sul sito ufficiale dell’Arcidiocesi, è stato divulgato dal sacerdote di Lenola: “Chi usa i social media sa quanto bene possono fare alla società e alla Chiesa per aiutare le persone a comunicare e condividere. In questi giorni, tuttavia, sono diventati un luogo di disinformazione e di aggressione, colpendo l’Arcivescovo con offese esplicite, ingiuriose della persona e dell’intera Chiesa diocesana – si legge nella nota – L’Arcivescovo è notoriamente uomo e pastore vicino a tutti, promotore del dialogo con tutti. L’attenzione ai temi e alla pratica della legalità e della trasparenza in ogni atto sono per tutti un punto di riferimento. Sono altrettanto note la sensibilità e le opere avviate per i poveri dalla Chiesa intera e dalla Chiesa di Gaeta in particolare, per chi vive un particolare disagio, come anche per i giovani e per i ragazzi. Molto del ministero dell’Arcivescovo è speso per recuperare il senso e il valore delle parole. Alla luce della presente e triste circostanza, ma anche di quello che sempre più spesso è riportato dalle cronache locali come una vera e propria degenerazione dell’uso dei social media, riteniamo che il compito educativo intrapreso dal Vescovo su questi temi è più che mai attuale e necessario nella ricerca di una serena e pacifica convivenza”. Arriverà?
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