CASSINO – Delusione e amarezza. Con questo duplice stato d’animo le parti civili presenti nel processo per la morte di Serena Mollicone e per l’istigazione al suicidio del brigadiere dei Carabinieri Santino Tuzi hanno appreso la decisione del Presidente vicario del Tribunale di Cassino Massimo Pignata di rinviare di tre mesi il deposito della sentenza di assoluzione letta dal presidente della Corte d’Assise Massimo Capurso il 15 luglio scorso. Poca voglia di parlare e dichiarazioni ridotte davvero all’osso soprattutto da parte dei familiari della studentessa 18enne uccisa – secondo la ricostruzione della Procura – il 1 giugno 2001 nella caserma dei Carabinieri di Arce, il cui cadavere, prima di una serie di presunti depistaggi, sarebbe stato occultato nel boschetto di Fonte Cupa.
“No comment” è stato la stringata ed eloquente dichiarazione della cugina di Serena, Gaia Fraioli, la stessa che agli inizi di settembre aveva contribuito ad organizzare una manifestazione in ricordo di Serena auspicando tempi brevi – il termine fissato dal presidente Massimo Capurso sarebbe scaduto il 13 ottobre, giovedì – per conoscere le motivazioni della sentenza con cui erano stati assolti, tra le polemiche, Franco, Annamaria e Marco Mottola, Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale. E, invece, il presidente vicario Massimo Pignata, raccogliendo una specifica richiesta del 7 ottobre, ha concesso al giudice a latere del dibattimento, la dottoressa Vittoria Sodani, una proroga di 90giorni, scattata formalmente il 10 ottobre, per scrivere e far conoscere le motivazioni della sentenza di assoluzione per i cinque ex imputati.
Le parti civili per impugnare la sentenza di assoluzione davanti la Corte d’assise d’appello di Roma dovranno attendere il termine del 11 gennaio 2023 in considerazione dell'”imponente istruttoria dibattimentale svolta nonché per la delicatezza e complessità delle imputazioni e delle questioni affrontate”. L’accoglimento della richiesta della dottoressa Sodani è stata accolta diversamente dal criminologo e portavoce del collegio difensivo, il professor Carmine Lavorino. Ha considerato “prevedibile” il dispositivo del presidente Pignata in quanto la sentenza di assoluzione “dovrà essere motivata per bene”.
INTERVISTA video Carmelo Lavorino, portavoce collegio difensivo famiglia Mottola