FORMIA – I proventi della truffa reinvestiti nel mattone a Formia attraverso l’acquisto di dieci appartamenti di medie dimensioni. Lo ipotizza la Guardia di Finanza del comando provinciale di Napoli che nelle ultime ore ha eseguito a Formia il provvedimento di sequestro che, disposto dal Gip del Tribunale di Napoli, ha messo sotto chiave 186 milioni di euro di crediti d’imposta relativi ai cosiddetti bonus facciate, agli ecobonus e alle ristrutturazioni edilizie. Le indagini, coordinate dai pm della Procura di Napoli con la supervisione dell’Agenzia delle Entrate, hanno accertato l’esistenza di un’organizzazione in grado di attuare un sistema fraudolento, basato sulla creazione di falsi crediti d’imposta in capo a società e persone fisiche a fronte di lavori mai eseguiti benché fossero previsti dal Decreto Rilancio sulla concessione dei bonus in materia edilizia.
I benefici fiscali, individuati dalla Procura in maniera diretta o frazionata mediante cessioni intermedie, sarebbero poi stati venduti a un istituto finanziario di Napoli, permettendo di monetizzare oltre 16 milioni di euro. In particolare, l’inesistenza dei crediti è stata ipotizzata sulla base di accertamenti svolti: sugli immobili, che non sarebbero stati ristrutturati e, in alcuni casi, in evidente stato di abbandono; sui soggetti titolari dei crediti, che avrebbero comunque dovuto sostenere esborsi (dal 10% al 50% dell’importo totale della spesa) totalmente incompatibili con le proprie capacità patrimoniali e reddituali; sulle società che avrebbero dovuto eseguire i lavori, rivelatesi in realtà prive delle connesse capacità economiche e imprenditoriali.
La Guardia di Finanza ha accertato che parte dei proventi illeciti, ottenuti a fronte delle cessioni dei crediti nei confronti dell’istituto di credito napoletano, è servita per l’acquisto di circa 70 immobili, per un valore di oltre cinque milioni di euro, in alcuno centri del napoletano, del casertano e nel sud pontino, in particolar modo a Formia. Ora sono stati sequestrati come lo sono stati i crediti, circa un milione di euro, utilizzati direttamente dall’ideatore della truffa – secondo gli inquirenti – per compensare i propri debiti tributari nel frattempo iscritti a ruolo.