GAETA – Quel centro antiviolenza non può svolgerlo quella cooperativa. Il motivo? Semplicemente perché la stessa società aggiudicataria non aveva i requisiti minimi per beneficiare di un incarico che avrebbe comportato al distretto socio sanitario Latina 5 una spesa annua di 64mila euro. Avrà creato non pochi motivi di imbarazzo la lettera che la dirigente dell’area “pari opportunità” della Regione Lazio Flaminia Santarelli ha inviato lo scorso 5 agosto al Comune di Gaeta e al distretto socio sanitario. Invitava in pratica la dirigente del settore “Cultura e Benessere sociale del comune Annamaria De Filippis a revocare l’affidamento del servizio di gestione di un centro anti violenza “per l’accoglienza di donne italiane e straniere di tutte le età e i loro figli minorenni vittime di violenza” conferito il 20 giugno scorso con la determina dirigenziale alla cooperativa sociale “Il Canguro” di Scafati.
La struttura avrebbe dovuto lavorare per il distretto socio sanitario del sud pontino e per quello Lt/4 di Fondi quando la dottoressa De Filippis, vincitrice in pectore del concorso a tempo pieno ed indeterminato per diventare dirigente amministrativo, inviava il 30 giugno alla Regione Lazio la sua determina per comunicare l’avvenuta aggiudicazione del servizio. Dopo 12 giorni, il 12 luglio, si è fatta viva per la prima volta la Regione Lazione che chiedeva al Comune di Gaeta e al Distretto socio sanitario di chiedere alla cooperativa salernitana una doverosa “documentazione aggiuntiva” in merito all’affidamento. Questo adempimento veniva espletato il 21 luglio ma la cooperativa “Il Canguro” “entro i termini di legge non ha mai prodotto nessun tipo di documentazione a riscontro di quanto richiesto”.
Inevitabile è stata la decisione della Regione Lazio il 5 di bocciare l’operato del comune di Gaeta perché la cooperativa “Il Canguro” è risultato privo dei requisiti previsti all’articolo 1-comma 2 dell’intesa Stato Regioni e, cioè, di “avere nel loro Statuto i temi del contrasto alla violenza di genere, del sostegno, della protezione e dell’assistenza delle donne vittime di violenza e dei loro figli qualità finalità esclusive o paritarie, coerentemente con quanto indicato con gli obiettivi della Convenzione di Istanbul, ovvero dimostrare una consolidata e comprovata esperienza almeno quinquennale nell’impegno contro la violenza…”.
Ma perché questa verifica non è stata espletata prima del conferimento deciso dal comune di Gaeta lo scorso 20 giugno? Ma il distretto è stato pesantemente ammonito dalla dirigente della Regione Lazio nella misura in cui, ai sensi della delibera di Giunta regionale numero 846/2017, il comune sapeva di attenersi ad alcuni criteri esclusivi per l’affidamento del servizio che avrebbe meritato – cosa che non è stata riscontrata – un’esperienza da parte della cooperativa incaricata definita “consolidata e comprovata”. L’autonomia di operato e di valutazione riservata alla stazione appaltante – il distretto socio sanitario Latina 5 – deve essere difesa a prescindere ma deve essere quest’ultima – scriveva in agosto la dottoressa Santarelli – “a garantire la presenza o meno dei requisiti prescritti per l’apertura e la gestione di un centro anti violenza”.
Parole pesanti come un macigno che hanno portato la Regione Lazio a chiedere la restituzione del finanziamento concesso e al recupero delle risorse (eventualmente) liquidate. Sarà una magra consolazione ma il comune di Gaeta non ha mai liquidato un euro alla cooperativa di Scafati e, decidendo di realizzare un’economia pari a 64mila e 515 euro sul capitolo di bilancio 501/2022, ha annunciato che “successivamente saranno attivate le procedure amministrative per l’affidamento del servizio”. Successivamente.