FORMIA – Trentatrè pagine per dimostrare che solo gli stolti, anche sotto il profilo squisitamente amministrativo, non cambiano mai idea. Il fantasma dello storico pastificio Paone torna ad aleggiare in due memorie che l’avvocatura del comune di Formia ha dovuto elaborare per difendersi da due milionarie richieste di risarcimento danni che la proprietà dell’ex pastificio Paone ha formalizzato dopo due distinte decisioni di revocare il 30 maggio 2012 il permesso a costruire rilasciato dallo stesso comune con la determina dirigenziale numero 182 del 5 novembre 2008.
Il comune è stato costretto a presentare due distinte controdeduzioni in altrettanti procedimenti promossi davanti il Tar del Lazio-sezione di Latina in programma nei prossimi giorni. Il primo è stato fissato per il 15 novembre , il secondo è stato calendarizzato per il 1 dicembre quando il comune dovrà spiegare alla difesa della “Domenico Paone fu Erasmo spa” le ragioni che lo portarono rispettivamente alla revoca (attraverso un vistoso taglio delle cubature) dell’autorizzazione per la nascita di un centro commerciale e per la trasformazione, sul piano urbanistico, dell’ex sito industriale. Lo scorso luglio i giudici amministrativi avevano concesso al comune di Formia un termine di 60 giorni all’amministrazione comunale di Formia per giustificare quanto deciso il 30 maggio 2012 dall’allora dirigente del settore urbanistico Roberto Guratti.
Da poco i Carabinieri del Nipaaf erano venuti a Formia per sequestrare lo storico stabilimento perchè, a dire del sostituto procuratore Giuseppe Miliano, era lo stato lo scenario in cui si sarebbe consumato – a suo dire – un reato penale di non secondaria importanza: la nascita di una lottizzazione edilizia per farvi nascere un centro commerciale. L’allora l’architetto Roberto Guratti, tra gli indagati di una processo travolto dalla polvere della prescrizione, avviò con la determina numero 104 con cui di fatto andava a modificare il permesso a costruire numero 182 /2008 rilasciato il 5 novembre di quattro anni prima dalla collega dirigente Stefania Della Notte. Ora il dirigente dell’avvocatura del comune di Formia Domenico Di Russo difende l’operato di Guratti. Con il senno del poi il provvedimento di sequestro dell’ex pastificio, firmato dal Gip del Tribunale di Latina ed eseguito dai Carabinieri del Nipaf il 9 marzo 2012, venne confermato dal Riesame del Tribunale penale di Latina prima e dalla sentenza numero 1245 della quarta sezione penale della Cassazione che, rigettando il ricorso della proprietà dell’ex pastificio, lo condannò al pagamento delle spese di giudizio.
A quest’ultimo pronunciamento fa ora affidamento il comune di Formia, inseguito dagli eredi della famiglia Paone per vedersi riconosciuti i danni economici subiti con un sequestro durato quasi nove anni: la trasformazione del pastificio di piazza Risorgimento andava preceduta dall’adozione di un piano di lottizzazione. Per l’avvocatura comunale la sezione urbanistica fece bene in autotutela a revocare la trasformazione urbanistica alla luce di quello che scrissero i giudici della terza sezione penale della Suprema Corte con la sentenza 5870 del 6 febbraio 2013.”
“Il reato di lottizzazione abusiva si integra non soltanto in zone assolutamente inedificate, ma anche in quelle parzialmente urbanizzate nelle quali si evidenzia l’esigenza di raccordo con l’aggregato abitativo preesistente o di potenziamento delle opere di urbanizzazione pregresse, così che per escluderlo deve essersi verificata una situazione di pressochè completa e razionale edificazione della zona, tale da rendere del tutto superfluo un piano attuativo”. Pertanto, anche la necessità di una integrazione delle infrastrutture primarie, che non siano esclusivamente funzionali alla utilizzazione di un singolo fabbricato, quale il singolo allacciamento alla rete fognaria, alla rete viaria ed altre strutture analoghe di modeste dimensioni, rende necessaria l’approvazione di un piano di lottizzazione.
E poi – aggiunse la Cassazione – …”L’esonero dal piano di lottizzazione previsto in un piano regolatore generale può avvenire riguardo ai casi assimilabili a quello del “lotto intercluso”, nel quale nessuno spazio si rinviene per un’ulteriore pianificazione, mentre detto esonero è precluso in caso di zone solo parzialmente urbanizzate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto” .
La stessa Cassazione nove anni fa sembrò dare ragione all’avvocatura comune: “L’approvazione del piano di lottizzazione non è atto dovuto, pur se conforme al piano regolatore generale, ma costituisce sempre espressione di potere discrezionale dell’autorità chiamata a valutare l’opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale”. Un anno più tardi la stessa Corte di Cassazione, sezione quarta, con la sentenza numero 1245 del 14 gennaio 2014 rigettò di nuovo il ricorso della proprietà del pastificio formiano sottolineando la necessità inderogabile dell’adozione di un piano particolareggiato per quell’area: “.. i piani attuativi hanno l’essenziale funzione di precisare zona per zona, con opportuno dettaglio esecutivo, le indicazioni di assetto e sviluppo urbanistico complessivo contenute nel piano regolatore. Vengono redatti per limitate porzioni del territorio comunale, al fine di attuare gradatamente e razionalmente le sistemazioni urbanistiche previste dal piano generale, nonché di conferire alle singole zone assetto ed attrezzature rispondenti agli insediamenti stabiliti, nella prospettiva della realizzazione di un complesso urbanistico armonico, in cui ciascuna parte si inserisca senza ostacolare le altre”.
Il comune, dopo l’apertura di un’inchiesta penale della Procura, aveva deciso di “tagliare” il 25% delle cubature autorizzate dall’architetto Della Notte: da 2784 a 2353 metri quadrati di superfice commerciale e direzionale. Ora il Tar ha intimato al comune di spiegare le ragioni (sempre se ci fossero) di questo taglio di cubature e ha chiesto per ciascuna delle due richieste di risarcimento danni di avere “una relazione dettagliata, corredata di documentazione, sulla destinazione prevista dal Prg della zona interessata dal titolo edilizio e sulla specificazione della ragione per la quale l’intervento non ricadrebbe interamente in zona “D” (direzionale secondo il Prg vigente del comune di Formia), sulla presenza e descrizione di aree per servizi pubblici e parcheggi, sul grado di urbanizzazione dell’area e sull’eventuale esistenza – e specifica destinazione – di altri edifici di diversa proprietà insistenti sull’area”.
L’allora dirigente del settore urbanistica del comune di Formia, propose di tagliare le cubature alla famiglia Paone, scrivendo che “l’intervento di ristrutturazione edilizia riguardante il cambio di destinazione d’uso (da industriale) in attività commerciale per tre medie strutture di vendita oltre ad uffici direzionali avrebbe necessitato di una verifica urbanistica e di una specifica convenzione necessaria per la corretta qualificazione e quantificazione delle necessarie aree per servizi pubblici”.
Ecco la conclusione cui è giunto il comune nelle sue due memorie difensive davanti il Tar del Lazio: “ La piena e totale legittimità dell’azione amministrativa messa in campo dall’ente, corroborata dalle pronunce della terza e quarta sezione penale della Corte di Cassazione e dal Tribunale Penale di Latina di secondo riesame, esclude qualsivoglia ipotesi di danno risarcibile per assenza di una condotta ‘contra ius’ addebitabile all’amministrazione, nonché per assenza dell’elemento soggettivo della colpa. Va aggiunto, come sia stata la società ricorrente che, con il proprio comportamento ha causato i danni che oggi chiede essere risarciti, a fronte delle pronunce della Corte di Cassazione – se non altro per l’autorevolezza dell’Organo che si era pronunciato poteva e doveva, ravvedersi e proseguire nell’iter, tra l’altro già tracciato dall’Amministrazione con il procedimento di autotutela, richiedendo l’approvazione del piano attuativo. Nessun risarcimento è dovuto per i danni che il creditore – fa sapere l’avvocatura – avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”.
Da qui la conclusione del comune di Formia rivolgendosi ai giudici del Tar: “ Chiediamo l’integrale rigetto del ricorso perché inammissibile, improcedibile ed infondato in fatto e diritto e non provato.