Un anno fa l’introduzione di un decreto legislativo, meglio conosciuto come Riforma Cartabia, di fatto ha reso complicatissima la vita dei giornalisti. È quello sulla presunzione di innocenza, un diritto sacrosanto, ma che non può diventare l’arma per mettere il bavaglio ai cronisti e soprattutto che non può ledere un altro diritto fondamentale, quello dei cittadini ad essere informati. Parlare con le fonti è diventato praticamente impossibile, avere nomi o dettagli sui fatti di cronaca, nell’immediatezza, sembra una utopia: per questo davanti alle procure del Lazio ci sono state dei sit-in dei colleghi, sostenuti dall‘Ordine dei giornalisti, dalla Federazione nazionale della Stampa e Associazione stampa Romana. Che non sia una protesta di categoria, perché riguarda la vita di ognuno di noi, l’hanno detto i colleghi che mercoledì hanno partecipato ai riusciti sit in che, per quanto riguarda il nostro comprensorio, si sono svolti davanti alle Procura di Latina, Cassino e Frosinone.
“Parlare con i giornalisti non è reato, è democrazia”. A ribadirlo è stata la vice direttrice del quotidiano Latina Oggi, Graziella Di
Nel recepire la direttiva europea, “l’Italia ha partorito una norma che rende difficile se non impossibile verificare le notizie – hanno detto Di Mambro e Coppola – Abbiamo il diritto e il dovere di raccontare ai cittadini cosa accade, ma in queste condizioni non è più possibile. Una cosa è non colpevolizzare una persona, altro è silenziare le notizie”.
Da piazza Labriola a Cassino è partito un appello da un lato a “tutti i colleghi e le colleghe che si occupano di nera e giudiziaria ad unirsi alla protesa”, dall’altro “al nuovo ministro della Giustizia affinché questa norma – hanno commentato Vincenzo Caramadrea de “Il Messaggero” e Carmela Di Domenico di Cassino Oggi – possa essere modificata così da garantire ai giornalisti l’accesso alle fonti e ai cittadini di poter essere informati”.
A guidare la protesta nel piazzale del Tribunale di Frosinone sono stati il neo caposervizio del capuologo ciociaro de “Il
Dai tre presidi è stata rinnovata la proposta di chiedere alla Commissione Ue di accendere un faro sul caso italiano e di chiedere al Parlamento italiano di intervenire “con pesanti modifiche a questo provvedimento, perché con l’applicazione distorta di questa direttiva si sta impedendo ai cittadini di conoscere fatti che riguardano la sicurezza delle loro città e questo non è degno di un Paese civile.
“L’auspicio – hanno concluso Del Giaccio e Calcabrina – è che aderiscano alla mobilitazione anche i direttori delle testate, che si schierino anche loro al fianco dei cronisti”.