SUD PONTINO – Con una richiesta di 147 anni e mezzo di carcere è terminata giovedì la lunga requisitoria, articolata in due udienze, del sostituto procuratore Corrado Fasanelli nell’ambito del processo anti droga “Touch and go” che con il rito ordinario si sta svolgendo davanti il Tribunale di Cassino presieduto dal Marco Gioia. Il Pm della Procura antimafia ha passato al setaccio le posizioni processuali dei 12 imputati sollecitando per ciascuno condanne che oscillano dai 12 ai 14 anni di carcere. Se il dottor Fasanelli ha escluso per tutti l’aggravante del metodo mafioso, le dodici persone che hanno deciso di farsi giudicare con il rito ordinario furono arrestate insieme ad altre nove persone dai Carabinieri del Comando Provinciale di Frosinone e della Compagnia di Formia il 1 luglio 2020 con l’accusa di gestire da anni, almeno dal 2015, a Formia e a Scauri un collaudato sistema specializzato nello spaccio di cocaina, hashish, marjuana e shaboo.
Le ipotesi accusatorie della Dda contenute nella lunga requisitoria del Pm Fasanelli sono l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, possesso di armi e di materiali esplodenti, minacce, violenza privata e lesioni. L’holding criminale era monitorata dai Carabinieri della Compagnia di Formia dall’autunno 2015 cui si sono affiancati nel corso del tempo gli specialisti della direzione centrale per i servizi antidroga del Ministero degli Interni.
Nello specifico Fasanelli ha chiesto 14 anni di carcere per tre imputati (Domenico e Giuseppe De Rosa e Matteo Rotondo), 13 anni di reclusione per Armando Danilo Clemente, Giovanni Nocella, Giuseppe e Francesco Leone, Marco Barattolo e Daniele Scarpa, 12 anni e mezzo per Giancarlo Di Meo, 12 anni per Giuseppe Sellitto mentre la richiesta più lieve – tre anni di carcere – è stata formalizzata per l’unica donna a processo, Raffaella Parente.
Il nutrito collegio difensivo – composto dagli avvocati Enrico Mastantuono, Massimo Signore, Vincenzo Macari, Luca Scipione, Enrico Mastantuono, Giovanni Valerio, Pasquale Cardillo Cupo, Edoardo Fascione, Gianluca Di Matteo e l’avvocato Riccio del foro di Benevento – replicherà al rappresentante della Dda nell‘udienza del 24 novembre mentre il processo vivrà il suo epilogo con le repliche della pubblica accusa e la sentenza nell’udienza conclusiva del 15 dicembre.
IL Gip del Tribunale di Roma Angela Gerardi il 6 luglio 2021 aveva giudicato 10 degli imputati che scelsero il rito abbreviato. Se Fasanelli nella sua requisitoria chiese 95 anni di carcere, il Gip, nonostante lo sconto di una terza della pena, emise una condanna più pesante, 106 anni e due mesi. Quella più pesante, 18 anni e mezzo, riguardò Domenico Scotto che, insieme al fratello Raffaele (16 anni e 8 mesi lei), avrebbe capeggiato una organizzazione che avrebbe operato per conto di due clan dominanti nel quartiere napoletano di Secondigliano, i Licciardi prima e, dopo la sua trasformazione, i “Sacco Bocchetti” poi.
Per la Dda di Roma il referente nel sud pontino di questo sodalizio sarebbe stato il minturnese Stefano Forte, condannato a 18 anni e due mesi di carcere, seguito da Armando Prete (17 anni di carcere) e Michele Aliberti,per lui una condanna a 16 anni e 2 mesi di reclusioni. Più lievi le condanne per gli altri cinque imputati che optarono per rito abbreviato: otto anni e 4 mesi di carcere per Carmine Brancaccio, tre anni per Valentino Sarno, Massimiliano Mollo e Walter Palumbo mentre lo scaurese Diego Camerota fu condannato a due anni e quattro mesi per il fatto di aver instaurato una collaborazione con i giudici. Anche il Gip Gerardi confermo un anno e mezzo fa l’impianto accusatorio della Dda e, non applicando ad alcuni degli imputati le attenuanti generiche, non riconobbe l’aggravante mafiosa relativamente a quattro episodi caratterizzati dall’uso delle armi e degli esplosivi.