FORMIA – Ha voluto morire, salutando l’adorata moglie e i due figli, nella sua abitazione in via Rotabile, ai piedi della frazione collinare di Maranola, paese che adorava quanto la sua famiglia. Sapeva che a febbraio sarebbe diventato nonno il prossimo febbraio ma al presidente del gruppo di protezione civile “Ver sud Pontino”, Antonio Tomao, anch’egli maranolese, aveva inviato un messaggio toccante quando la “bestia” lo aveva fatto rimpiangere i malanni di qualche anno ai reni: “Non se ce la farò ma vi voglio bene a tutti. Nessuno”. Francesco Saverio De Meo, Saverio per tutti, ha lasciato un vuoto incolmabile nel sempre ricco e variegato volontariato impegnato, sempre in maniera disinteressata, in quella fucina di socialità che, nonostante le legittime critiche, era e resta l’ospedale “Dono Svizzero” di Formia.
Saverio De Meo se n’è andato in un’assolata mattina di sabato 17 dicembre a soli 65 anni. La sua prematura scomparsa ha lasciato un po’ tutti attoniti e increduli perché Saverio voleva bene a tutti. L’ha dimostrato in un segmento del più importante nosocomio del Sud pontino, il secondo della provincia di Latina, che proprio quest’anno ha compiuto i suoi primi cinquant’anni di attività: il Centro trasfusionale. Lì De Meo ha svolto il ruolo di infermiere professionale ma la sua importanza è pari a quella garantita da due suoi pionieri: il tecnico Fulvio Farinella ed il primo dirigente medico Francesco Acquafredda. L’infermiere di Maranola – e non è retorica e tanto meno esagerazione – ha incarnato in pieno la principale mission di un centro trasfusionale: quella di salvare le vite umane.
Tante altre figure professionali, al posto suo, ne avrebbero tratto dei vantaggi e benefici in termini elettorali. E invece Saverio De Meo ha incarnato, meglio e più di tutti, il pensiero che aveva della politica un Papa Beato qual è Paolo VI: la politica è la più alta forma di carità. L’infermiere appena scomparso la sua disponibilità la metteva in pratica primancora che il richiedente la richiedesse. Saverio era questo: sapeva leggere con i suoi occhi buoni e generosi il cuore delle migliaia e migliaia di persone che, anche timidamente, chiedevano di lui al piano terra dell’ospedale Dono Svizzero.
L’asl del Golfo e di Latina deve essere grata a questo suo servitore anche perché ha capito che lo smantellamento del centro trasfusionale di Formia sarebbe stato il prologo della chiusura dell’ospedale che, quantunque non rappresenti l’optimum, è e resta sede di Dea di secondo livello. Di De Meo tutti ricordano le battaglie civiche e civili, insieme alla sua stimatissima primaria con cui ha lavorato prima della meritata pensione, la dottoressa Giovanna Biondino, per evitare il ridimensionamento del servizio. De Meo era un dipendente Asl ma ha avuto il coraggio kantiano di mettersi in mostra quando si è trattato di organizzare una manifestazione di protesta nel centro urbano di Formia, di raccogliere le firme contro quel piano scellerato o, meglio ancora, di dire a tutti, che fossero di centro, di sinistra o di destra, di andare nel suo posto di lavoro per don are il plesso.
Saverio De Meo nella sua infinita umanità era stato geniale: il plasma, che non è troppo anche per un’azienda pubblica, serve a chi ne ha bisogno e “lanciamo un segnale a chi deve decidere che l’istituto della donazione rappresenta un argine – ci confidò in una circostanza – contro facili processi di smantellamento”.
Francesco Saverio De Meo, poi, era diventato un box office per tanti poveri – che a Formia ce ne sono tanti – che avevano remore o vergogna a palesare il loro stato sociale. Emblematico il racconto rivelato dal preside Tomao: “Mi chiese di mettere a disposizione un nostro mezzo per una donna gravamente malata di tumore che doveva affrontare una seduta di chemioterapia a Caserta. Avrebbe potuto chiedere all’Asl ma la paziente era decisamente imbarazzata nel formalizzare l’istanza all’autorità sanitaria. Quella donna si rivolse a Saverio De Meo che – conclude Tomao – ci chiese la disponibilità di un nostro mezzo. Ci disse anche che avrebbe provveduto lui a formalizzare il pagamento di quella prestazione e io – si ferma trattenendo le lacrime Tomao – gli risposi scherzando che se non l’avesse finita l’avrei mandato a quel paese”.
Era tutto questo Francesco Saverio De Meo. La Chiesa dell’Annunciazione di Maranola questa mattina, alle 11, in occasione dei funerali (anticipati alle 9.30 da una veglia di preghiera) sarà troppo angusta per ospitare i tantissimi cittadini comuni che vorranno, salutandolo e esprimere la vicinanza alla moglie, ai due figli, alla nuora, alle sorelle, ai cognati e ai nipoti, esternargli quel sentimento di gratitudine che, grazie alla sua grandezza d’animo e disinteressata generosità, nelle nostre longitudini e latitudini non è più di moda. Purtroppo.