GAETA – Guai ad affermare che Gaeta non abbia mai avuto un’anima mercantile e commerciale. Forse non ha avuto la stessa valenza economica, sociale ed occupazionale di quella della vicina Formia ma le botteghe di Gaeta hanno contribuito nel dopoguerra a ricostruire la sua comunità dilaniata dai lutti e dalle perdite, materiali ed umane, provocate dall’ultimo conflitto bellico. L’ultimo numero, l’ottavo, della nuova edizione della Gazzetta di Gaeta ha fatto bella mostra sotto diversi Albero di Natale in questi giorni di festa. A Gaeta e nei diversi centri del Golfo.
Il volume è diventato un dono, un elegante regalo di Natale che molti gaetani hanno deciso di acquistare a conferma dell’ottimo, qualificato e sapiente lavoro, editoriale e culturale, che la pattuglia di Jason Forbus dell’edizione AliRibelli sta compiendo da due anni. L’ultimo numero della rivista trimestrale ha per tema le Botteghe che la storica Sabina Mitrano e i colleghi Milena Mannucci e Luca Di Ciaccio hanno presentato due volte negli ultimi giorni: il 10 dicembre nell’ambito della fiera letteraria “Più libri più liberi” tenutasi a Roma presso la “Nuvola” di Massimiliano Fuksas e prima di Natale presso l’aula magna del liceo scientifico “Enrico Fermi” di Gaeta.
Che la “Gazzetta di Gaeta” sia ormai “un laboratorio in cui accogliere gli impulsi e le proposte provenienti dal territorio, dal mondo della scuola, per rispondere ad un’esigenza sempre maggiore di condivisione e di conoscenza” – lo tiene a sottolineare nell’intervista video allegata Luca Di Ciaccio. A suo dire innanzitutto la rivista ha avuto il merito ma anche la capacità di “compattare la comunità, portando la cultura nelle piazze, tra la gente. Il formato cartaceo sta consentendo inoltre di riportare l’attenzione sulla narrazione come elemento fondante dell’individuo, strumento di interpretazione della realtà, per interagire nel mondo in cui viviamo. Il nostro gruppo di lavoro sta tentando di costruire una nuova geografia delle emozioni. E’ un tracciato in cui memoria e visione camminano insieme. Pensiamo di essere e di diventare, senza alcuna pretesa, uno strumento indispensabile per i giovani, una bussola per orientarsi nella propria terra di origine”.
Luca Di Ciaccio nella sua intervista illustra la ragione di intitolare l’ultimo numero della Gazzetta di Gaeta “Botteghe”. Innanzitutto è bellissima la fotografia di Bruno Di Ciaccio che, risalente al 1986, ritraendo Salvatore il macellaio respingere con una scopa un gruppo di ragazzini impegnati a rievocare la saga della “Carica dei 101”, è la punta di diamante del progetto grafico curata ancora senza fronzoli da Sara Calmosi.
“Le botteghe – scrive James R.Forbus nella prefazione dell’ultimo numero della rivista, poi puntualizzato da Luca Di Ciaccio nell’intervista video allegata – servono da naturali veicoli attraverso i quali la collettività di guarda allo specchio per misurarsi, confermare e all’occorrenza rinnovare la propria identità”. A Gaeta, come a Formia, ogni bottega, per lo più a conduzione familiare, ha sempre operato dietro o sotto casa ed in essa ha “sempre albergato – aggiunge Di Ciaccio – la memoria storica e folkloristica di un luogo. L’attività che per diverse generazioni è sopravvissuta alla guerra, alle crisi economiche e alla aspirazioni dei figli dei commercianti diventa la scenografia sociale in cui opera il negoziante, considerato una forma di contrasto ad un lento e graduale impoverimento sociale urbano alle prese con le invasioni della grande distribuzione e dell’e-commerce”.
L’ultimo numero della “Gazzetta di Gaeta” lancia un monito sociale ben definito: tentare di conservare le botteghe dei due centri storici “non tanto per quello che sono state ma per il futuro che possono rappresentare. Per farlo – si affianca Jason R.Forbus – dovremo innovare, assimilare e cambiare. In sintesi dovremo fare quello che in passato Gaeta ha saputo fare benissimo, scoprire il mondo ma senza perdersi in esso”
L’analisi che effettua Di Ciaccio nella presentazione dell’ottavo numero della “Gazzetta di Gaeta” ha un carattere antropologico e i diversi autori che vi hanno collaborato sono stati in grado di dimostrare come una bottega sia stata il termometro sociale di Gaeta e la stessa città abbia tentato, nel corso del tempo, di sfatare il tabù di essere assecondata a Formia sul piano della sua vocazione mercantile.
All’ottavo numero hanno collaborato, tra gli altri, Olimpio Di Mambro (i suoi articoli approfondiscono molteplici aspetti antropologici del territorio), Adriano Madonna, Giovanna Ciacchi, Gian Paolo Caliman e Francesco Ciccolella, Giuseppe Napolitano e, ancora, Lino Sorabella, Delio Fantasia, Salvatore Colozzo, Myriam Giordano, Erasmo Lombardi Di Perna, Bruno Di Ciaccio, Antonio Di Tucci, Renato Marchese, Mario Paolino, Dino Bartolomeo, Gennaro Tallini, Claudia Manildo, Salvatore Antetomaso e Francesco Di Chiappari.
Di Ciaccio nell’intervista anticipa quelli che saranno i temi dei primi due numeri del 2023 di una rivista che, nata su impulso di Francesco II nel 1860 con la funzione di organo di stampa del Regno delle Due Sicilie per raccontare al mondo l’invasione del suo regno, ebbe una seconda vita nel 1973, quando il mitologico giornalista campano Gaetano Andrisani ne rispolverò il nome dando luce ad un prodotto editoriale particolarmente apprezzato fino al 1994. Nel corso di questo ventennio Andrisani era riuscito ad illuminare di una luce nuova i grandi cambiamenti di Gaeta, a dare voce agli intellettuali, ma anche a comuni cittadini, rendendo le vicende personali storie esemplari di un periodo chiave della storia gaetana.
La professoressa Milena Mannucci ha sottolineato la capacità della rivista di “compattare la comunità, portando la cultura nelle piazze, tra la gente. Il formato cartaceo consente inoltre di riportare l’attenzione sulla narrazione come elemento fondante dell’individuo, strumento di interpretazione della realtà, per interagire nel mondo in cui viviamo. La Gazzetta di Gaeta -ha aggiunto – costruisce una nuova geografia delle emozioni, un tracciato in cui memoria e visione camminano insieme, per questo la rivista si pone come strumento indispensabile per i giovani, una bussola per orientarsi nella propria terra di origine”. Che non è una cosa di poco conto. Anzi..
INTERVISTA video Luca Di Ciaccio, redattore “Gazzetta di Gaeta”