LATINA -Come riempire i vuoti. I vuoti urbani, si intende. Sta creando un dibattito la proposta lanciata da Giuseppe Schiboni, il candidato di Forza Italia al consiglio regionale del Lazio che suggerisce di valorizzare gli spazi urbani esistenti che, al momento abbandonati, ghettizzati e degradati, “possono rifiorire e sviluppare, attraverso la rigenerazione urbana che ha già fornito tanti esempi virtuosi in giro per l’Italia e in Europa”. Insomma la ricetta è la seguente: dare nuova vita a spazi morti e vuoti, regno del degrado e dell’emarginazione, creando al contempo bellezza, valore e sicurezza.
La provincia di Latina presenta un alto numero di aree industriali dismesse che nel tempo hanno creato degli autentici vuoti urbani. Investire nella loro riqualificazione significa – secondo l’ex sindaco di San Felice Circeo – trasformare una criticità in nuovi spazi di valore per un territorio. In tutta la provincia di Latina. Esistono oggi 400 aziende attualmente catalogabili come dismesse, per le quali sono stati investiti 700 milioni di euro complessivi di fondi pubblici; di queste, ben 33 sono ex grandi opifici dismessi che appartengono al periodo d’oro dell’ex Cassa per il Mezzogiorno
Le molte aree a disposizione – ma il riferimento va esteso anche agli immobili confiscati alla criminalità organizzata – possono essere utilizzate per dare risposte immediate e funzionali finalizzate a sopperire alcune lacune esistenti da anni, dando impulso a centri di aggregazione strutturati che coinvolgano giovani, anziani e famiglie. In questo modo si darà valore al territorio.
“Infatti, le aree industriali dismesse – afferma Schiboni – possono trasformarsi in ciò di cui ha bisogno il territorio in quel momento, grazie a bandi, piani e appositi strumenti urbanistici, col coinvolgimento del pubblico quanto del privato. Dagli spazi museali ad aree per il tempo libero e la cultura (spazi per concerti, ad esempio, oltre che incubatori di idee). Penso alla città di Bilbao, in Spagna, che dopo aver vissuto nei primi anni ’90 il declino dell’industria metallurgica e dei cantieri naval, è risorta dalle sue ceneri con la realizzazione del ‘Guggenheim Museum’, creando nel tempo uno straordinario indotto economico, seguendo la vocazione turistica, oppure alla Bankside di Londra, che ora ospita il Tate Modern, che da area dal forte degrado sociale si è trasformata in un luogo dedicato all’arte e allo spettacolo. E che dire, se ci riferiamo alle aree industriali dismesse della Ruhr in Germania, capitale dell’industria siderurgica e mineraria dopo aver vissuto una forte crisi economica e sociale alla cittadinanza si sono restituiti quegli spazi, quelle aree, quelle industrie, quegli edifici, trasformati, evoluti, creando giardini, parchi e complessi ecosostenibili. Sono un esterofilo? – si interroga Schiboni -. No, a casa nostra guardiamo al caso di Biella: è stata creata “Cittadellarte”, che vuole ispirare e produrre un cambiamento responsabile nella società attraverso idee e progetti creativi, realizzando uno spazio votato alla cultura, in simbiosi con la società. E a Roma, nel rione Testaccio?, dove si trova il complesso dell’ex mattatoio, un progetto monumentale della fine dell’800 che nei primi anni Duemila è diventato il cuore di un ambizioso progetto di riqualificazione dell’area industriale, realizzando gli spazi del MACRO Testaccio, un museo dedicato all’arte contemporanea. Bologna invece ha trasformato il suo immenso forno del pane cittadino nel MAMbo di Bologna, un vivace museo d’arte moderna e contemporanea. E ancora, a Bressanone, l’edificio del mattatoio, un tempo fondamentale per l’industria alimentare, è stato trasformato in un’area completamente riqualificata e ristrutturata, riconvertendo in una grande area ricettiva”.
“Eliminare, riconvertendoli, questi mostri – aggiunge concludendo Giuseppe Schiboni – è un obbligo per un amministratore pubblico ed è un diritto per i cittadini. Immaginiamo l’ex Pozzi Ginori all’ingresso di Latina, proprio sulla Pontina, trasformata e rigenerata in una cittadella dello sport o dell’arte, quale impatto possa creare nei confronti di chi accede al capoluogo. Oppure, ancora, lungo l’Appia, il mostro della ex Miralanza: trasformare quel degrado in un’oasi a disposizione della collettività è far rifiorire un pezzo della nostra storia e del nostro territorio. Il primo passo resta quello della volontà di trasformazione e valorizzazione del territorio, rigenerando i siti industriali dismessi in un nuovo patto tra pubblico e privato per un nuovo futuro della provincia di Latina”.