REGIONE LAZIO – Osvaldo Agresti, candidato alla Regione Lazio e portavoce M5s del comune di Itri, elenca una serie di proposte politiche chiare in tema di Parchi naturali e nomine dirigenziali troppo spesso legate alla politica e quasi un premio per i voti portati, anche se poi, in concreto, non si hanno specifiche. Queste le proposte contenute in una nota di Agresti:
“Nel Lazio più di 1 comune su 3 è interessato da un’area naturale. La nostra provincia accoglie siti straordinari di interesse nazionale come il Parco del Circeo e la riserva naturale statale ed area marina protetta di Ventotene e Santo Stefano, i parchi regionali della Riviera d’Ulisse, dei monti Aurunci e dei monti Ausoni, e svariate aree naturali protette come i monti Lepini e la riserva statale dei laghi Fogliano, Monaci e Caprolace . Senza dimenticare l’oasi di Ninfa, “Monumento naturale” gestito da una fondazione privata ed affiliato al sistema del Wwf.
Parco dovrebbe far rima con conservazione e protezione della flora e della fauna, cura del territorio e delle strutture archeologiche e museali, ma non sempre è così.
Negli ultimi anni si è persa la mission iniziale, la ragione stessa per cui sono stati istituiti. La direzione di questi enti è diventata un postificio. Ci si candida alla Regione, anche se si è consapevoli di non aver alcuna possibilità di farcela, si raccoglie il consenso, e poi, ottenuto il risultato, si va a battere i pugni sul tavolo per una presidenza o una direzione generale. Oppure, forse ancora peggio, i nominati abitano a centinaia di chilometri di distanza e vengono sul posto due volte l’anno. Molti parchi sono diventati delle passerelle, dove i politici si presentano come alle sfilate di moda.
Ci sono poi aree protette dove i guardaparco costituiscono una percentuale marginale del personale e questo spiega perché non si incontrano mai.
Penso per esempio al sentiero storico del Redentore (attualmente chiuso), in assoluto il più frequentato dei monti Aurunci. A memoria mia e di tanti escursionisti nessuno ha mai visto un guardaparco.
Proprio su quel sentiero ci sono problemi geologici e di protezione dagli incendi che certo non possono essere affrontati con le scarse risorse a disposizione. Come ce ne sono, e forse anche di più gravi, all’interno del parco Riviera d’Ulisse, dove i cartelli di pericolo frana e le aree transennate si sono moltiplicati.
Nonostante la Regione abbia speso centinaia di migliaia di euro, la polveriera borbonica Real Ferdinando, che ospita un museo con tre sezioni: storica, naturalistica e geopaleontologica è chiusa. Come chiuso è il pregevole mausoleo sulla sommità di monte Orlando intitolato a Lucio Munazio Planco.
Ci sono tante cose da rivedere, compreso il piano di assetto idrogeologico di quella zona, perché non è possibile che i soldi vadano buttati e le occasioni per lo sviluppo del turismo culturale, perse. La Regione può e deve fare di più per mettere tutti gli interlocutori attorno ad un tavolo e valutare anche le proposte delle associazioni, come il Cai di Roma, che aveva messo a disposizione propri professionisti.
Certo non è nascondendo la testa sotto la sabbia che si risolvono i problemi, e nemmeno con le inaugurazioni. La politica non può diventare un nastrificio. Solo poche settimane fa i soliti noti si sono accalcati per riaprire i resti archeologici della Villa di Mamurra a Gianola (Parco Riviera d’Ulisse, Formia). Non entro nel merito della cementificazione, su cui hanno versato fiumi di inchiostro studiosi più competenti di me. Credo invece che sia abbastanza singolare che gli speciali visitatori quel giorno non si siano accorti del terreno arato dai cinghiali lungo tutto il percorso, a partire dal parcheggio, del lucernario completamente spaccato della Cisterna Maggiore, delle decine e decine di scritte rosse e nere all’interno della cisterna delle 36 colonne, una, addirittura, data 1910. Prima di fare la passerella non sarebbe stato opportuno ridare dignità ai luoghi?
Andrebbe invece valorizzato maggiormente il servizio di soccorso agli animali selvatici, l’attività di inanellamento dell’avifauna migratoria e l’attività del nucleo Tarta Lazio che è diventato un punto di riferimento per tutta la fascia costiera regionale.
Per quanto riguarda i cinghiali, dopo l’approvazione da parte del governo, tramite un mezzo improprio e cioè la legge di bilancio, siamo arrivati al punto che in mancanza di norme di dettaglio, molti comuni e qualche parco ritengono normale organizzare battute venatorie, anche nei centri abitati. Si tratta di un modo di procedere che non tiene conto né della prolificità della specie alloctona che è stata introdotta, né dei moderni sistemi di sterilizzazione. Contenere gli ungulati si può, come già si fa in tutti gli altri paesi europei.
Se andremo noi a governare la Regione Lazio, a controllare l’ambiente sarai direttamente Tu!”