FORMIA – Emergono altri e interessanti dettagli dal lodo che il Comune di Formia ha perso davanti alla camera arbitrale presso l’Autorità nazionale anti corruzione per quanto riguardo un’opera – adeguamento e messa in sicurezza delle strutture portuali per l’ormeggio delle navi da crociera presso il Molo Vespucci – finanziata, liquidata e, purtroppo, mai realizzata. L’arbitrato ha visto il comune di Formia (era rappresentato dall’avvocato Luigi Stefano Sorvino) soccombere contro l’Anac (il professor Domenico Dalfino svolgeva anche l’incarico di presidente del collegio arbitrale) e la società “Gino Di Cesare Costruzioni e manutenzioni srl” (rappresentata dall’avvocato Pietro Pierlingieri) che si è visto assegnare un lodo di 323 mila euro rispetto alla richiesta iniziale che prevedeva un risarcimento complessivo di un milione e 222mila euro, così suddiviso: 922mila euro per il danno provocato dalle continue sospensioni del cantiere e i rimanenti 300 mila da riconoscersi a titolo risarcimento e per il mancato arricchimento della società presieduta dall’imprenditore spignese Williams Di Cesare.
L’amministrazione Taddeo e l’avvocatura comunale stanno attendo in questi giorni che il lodo arbitrale, iniziato il 5 febbraio 2021 e concluso il 20 gennaio scorso, venga registrato davanti il Tribunale di Cassino. E’ quasi certo che un minuto più tardi la società ricorrente possa formalizzare un’ingiunzione di pagamento che in chiave amministrativa si tradurrà, entro 120 giorni dalla notifica, in un debito fuori bilancio. Secondo alcune indiscrezioni si sono attivati da una parte il sindaco di Formia Gianluca Taddeo per intavolare una trattativa con la società creditrice per chiudere naturalmente verso il ribasso il contenzioso e dall’altra l’avvocatura interna per individuare eventuali responsabili, in proiezione penale e soprattutto erariale, in una vicenda in cui l’amministrazione comunale di Formia è la sola ed esclusiva responsabile.
Al termine del lodo arbitrale la “Gino Di Cesare Costruzioni e manutenzioni srl” aveva avanzato nove riserve soprattutto per censurare le continue sospensioni del cantiere dal marzo 2014 al giugno dell’anno successivo. La camera arbitrale ha ritenuto meritevoli di parziale accoglimento sei (le numero 1,2,4,7,8 e 9) con il riconoscimento della rivalutazione monetaria e degli interessi maturati. In più ha condannato il comune di Formia al pagamento delle spese giudiziali per 9.488 euro di cui ha respinto la proposta di affrontare questa controversia davanti il Tribunale ordinario e di chiedere la nullità della clausola compromissoria “invocata irritualmente indicata nel capitolato sociale e non motivamente nel bando”.
In sintesi l’avvocatura del comune di Formia sta monitorando cosa avvenne subito dopo le elezioni amministrative del 2013 quando l’appalto con un ribasso d’asta “monstre” per la realizzazione dell’opera venne aggiudicato con la determinazione dirigenziale numero 126 del 10 dicembre di quell’anno ad un’associazione temporanea d’impresa formato dall’impresa “Di Cesare Gino” e dalla “Sogemar Costruzioni srl”. In occasione della discussione del lodo l’arbitro del comune di Formia Luigi Stefano Sorvino ha chiesto di rigettare la richiesta per il contratto d’appalto per l’adeguamento e messa in sicurezza delle strutture portuali per l’ormeggio delle navi da crociera presso il Molo Vespucci andava annullato per “l’illegittima modificazione dell’Ati appaltatrice” per la situazione di insolvenza in cui venne a trovarsi una delle aziende componenti l’associazione temporanea d’impresa. Insomma questa controversia poteva essere evitata se il comune di Formia non avesse deciso, tra il 24 aprile e il 20 maggio 2015, di approvare una variante al progetto portando l’appalto aggiudicato (con il summenzionato maxi ribasso) per un importo di un milione e 338mila euro a due milioni e 350mila euro.
Il motivo? L’impresa aveva chiesto di effettuare le palificazioni ad un profondità maggiore rispetto a quella consentita ed il progetto venne modificato sulla scorta di una consulenza effettuata da una operatore subacqueo al quale lo stesso comune aveva offerto le carte marittime che aveva a disposizione presso l’assessorato ai Lavori Pubblici. Perché il comune non rese conto che quelle palificazioni andavano effettuate più in profondità dall’inizio della gara pubblica? Perché questa variazione progettuale venne apportata solo dopo il maxi ribasso di gara aggiudicata all’Ati formata dalla “Di Cesare Gino” e dalla “Sogemar Costruzioni srl”? Di certo il tempo a disposizione c’è stato dal 28 giugno 2011 quando la Giunta di centro destra con la delibera numero 263 approvò il progetto c he prevedeva la realizzazione di una piattaforma di ormeggio per l’attracco di navi da crociera, da collegare all’esistente molo foraneo nonché l’installazione di bitte lungo la banchina all’interno del molo, oltre all’edificazione di due edifici per servizi e locali tecnici.
Il progetto definitivo venne approvato con la delibera di Giunta numero 377 del 30 novembre 2012, cui seguì (il 9 maggio 2013) l’approvazione del progetto esecutivo per il complessivo importo di 2 due milioni e 350mila L’appalto rientrò nel programma “Plus” che promosso dalla Regione Lazio, era finanziato 150 mila euro dalla Regione Lazio – Direzione Regionale Trasporti; per 200mila euro dal Comune di Formia; per 2 m ilioni con i fondi “Plus Appia via del Mare”. La gara venne aggiudicata all’Ati “Impresa Di Cesare Gino/So.Ge.Mar. Costruzioni srl” il 10 dicembre 2013 grazie ad un ribasso che sfiorò il 50% . I lavori sarebbero dovuti essere realizzati in 240 giorni con termine il 25 ottobre 2014 . “Sennonché, l’esecuzione dell’appalto subiva una serie di sospensioni da parte della Stazione appaltante ed era altresì sottoposto ad una variante progettuale che aumentava l’importo contrattuale ad 2.350.000,00 euro iva e spese generali incluse.
Di fronte a numerose sospensioni subite la “Gino Di Cesare Costruzioni e manutenzioni srl” presentò nove riserve cui ne aggiunse una decima con riferimento all’effettuazione, il 19 giugno 2016, del collaudo. Considerato l’importo delle riserve iscritte, superiore al 10% dell’importo contrattuale, l’Ati appaltatrice chiese, come da contratto, l’attivazione della procedura per la definizione bonaria. Ma le parti si allontanarono vistosamente. Il 29 settembre 2015 inviò alla controparte una proposta di accordo bonario per una definizione stragiudiziale della pendenza, con la quale, previa esclusione delle riserve numero 1-3-4-9 e la rideterminazione degli importi previsti dalle riserve numero 2-5-6-7-8, riconobbe come ammissibili le riserve per un importo complessivo di 126mila circa. L’impresa, dopo un mese, formalizzò al Comune di Formia una “controproposta di accordo bonario”, chiedendo il riconoscimento delle riserve per un importo complessivo di oltre 465mila euro.
Ora il collegio arbitrale dell’Anac (e tra alcuni giorni il Tribunale di Cassino) ha intimato al comune di Formia riconoscere ad una ditta appaltatrice ulteriori 323mila (oltre all’importo della gara già liquidato) per un’opera che – parafrasando Eduardo Bennato – non c’è…