Frosinone / Delitto Serena Mollicone: Procura pronta all’Appello, nuovi sviluppi per l’indagine [VIDEO]

FROSINONE – Il conto alla rovescia è iniziato. Ogni giorno è quello utile perché la Procura di Cassino – come annunciato dal suo massimo responsabile all’indomani (il 15 luglio scorso) della sentenza di assoluzione dei cinque ex imputati, formalizzi la presentazione davanti la Corte d’Assise d’appello del ricorso contro il proscioglimento al termine del processo di primo grado delle cinque persone – Franco, Marco ed Annamaria Mottola, Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale – coinvolte nell’omicidio e nell’occultamento del cadavere (avvenuto il 1 giugno 2001) di Serena e nell’istigazione al suicidio del 9 aprile 2008 del brigadiere dei Carabinieri Santino Tuzi.

Il magistrato delegato a sottoscrivere il ricorso, il sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo, ha tempo sino al 23 marzo di impugnare la sentenza letta il 15 luglio dal presidente della Corte d’assise del Tribunale di Cassino Massimo Capurso. Il 23 marzo scadrà, infatti, il 45° giorno, termine entro il quale la Procura di piazza Labriola ed eventualmente le parti civili possono tentare di ribaltare il verdetto che ha mandato assolti i cinque ex imputati per insufficienza di prove e per non aver commesso.

La Procura di Cassino avrebbe avviato nuove indagini per convincere i giudici d’appello sulla colpevolezza dei cinque imputati usciti di scena dal processo di primo grado? Sembrerebbe di sì da quanto comunicato dalla dottoressa Siravo al criminologo di fiducia della famiglia e portavoce del pool difensivo della famiglia Mottola. Il professor Lavorino lo scorso 24 ottobre 2022 – ma si è saputo solo ora -. Aveva chiesto alla Procura di far svolgere alcune indagini scientifiche e investigative per appurare o meno se quattro tracce trovate sul nastro adesivo con furono immobilizzati il capo, le mani e i piedi di Serena nel boschetto di Fonte Cupa – nessuna è stata dei cinque ex imputati – fossero appartenute o meno o considerate compatibili con quelle di Tonino Cianfarani l’uomo condannato in via definita per l’omicidio di Samanta Fava, avvenuto nel 2012, e deceduto nel 2020. Ora la Procura ha comunicato l’esito negativo di questa comparazione più volte richiesta prima e durante il processo di primo grado svolto davanti la Corte d’Assise del Tribunale di Cassino.

L’attenzione era stata riposta sulle tracce denominate “15A” e “18A” trovate nella parte adesiva del nastro che l’assassino della 18enne di Arce ha “depositato” nel momento in cui ha immobilizzato il corpo, il primo giugno 2001, prima di abbandonarlo nel boschetto di Fonte Cupa. C’è stata anche l’analisi dell’impronta digitale “6A” isolata sulla copertina della tesina che Serena il giorno della scomparsa aveva con sé e del frammento d’impronta “7C” trovata sul cassone metallico posizionato davanti al cadavere della ragazza nel luogo di ritrovamento. E così che sono stati chiesti agli agenti del commissariato di Sora i cartellini delle impronte di Cianfarani ed Ris di Roma è arrivato a questa conclusione che acuisce uno degli aspetti del delitto di Arce: quelle impronte sul nastro mortale di Arce non sono neppure dell’omicida di Samanta Fava e a nessun altro soggetto “schedato” dalle forze di polizia. Alla Procura non è rimasto altro che chiedere al Gip l’archiviazione dell’esposto di Lavorino tra il silenzio dell’ex difensore di Cianfarani, l’avvocato Ezio Tatangelo.

In precedenza, nel 2015, la stessa Procura di Cassino giustamente, comparò le impronte dell’autore di un altro femminicidio avvenuto in provincia di Frosinone, quello della professoressa Palleschi ,con quelle dell’assassino di Serena Mollicone. Quell’iniziativa fu autorizzata dall’allora capo della Procura Mercone che permisse di comparare le impronte digitali di almeno duecento persone

Questa è serietà investigativa: esplorare tutte le piste senza pregiudizi! – ha tenuto a precisare nell’intervento videoi allegato il professor Lavorino – Finalmente nel dicembre 2022 la Procura ha acconsentito alla nostra richiesta, comunicandoci che le impronte sul cartellino segnaletico dell’assassino di Samantha Fava non sarebbero quelle dell’assassino di Serena. Però e purtroppo la procura ha ritenuto di non procedere né con le indagini biologiche né con altri indagini investigative verso l’assassino di Samantha Fava e di altri soggetti interessanti e su piste da noi indicate. Indicheremo alla magistratura tutte le indagini investigative e tutto gli accertamenti tecnici che riteniamo e riterremo utili alla soluzione del caso ed all’individuazione della/delle persona/persone che ha/hanno fatto del male alla povera Serena sino a causarne la morte, per poi trasportarle sul luogo del rinvenimento, la radura di Fontecupa. Ci auguriamo – ha concluso Lavorino – che le parti civili apprezzino le nostre attività e le nostre indicazioni, anche perché, se non ci fossimo stati noi, il povero innocente Carmine Belli sarebbe stato ingiustamente condannato così chiudendo con una falsa cortina il caso, e idem per il processo contro i Mottola e gli altri due imputati”.

13/03/2023 Saverio

INTERVENTO video Carmelo Lavorino, portavoce collegio difensivo famiglia Mottola.

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