FORMIA – Quella lavoratrice venga riassunta con mansioni superiori a quelle svolte, percepisca un dovuto risarcimento danni perché è stata vittima di un licenziamento atipico, orale e ritorsivo. Lo ha deciso il giudice del lavoro del Tribunale di Cassino Raffaele Iannucci nelle 21 pagine della sentenza che, a sopresa, ha sollecitato il reintegro di G.M., una donna di 41 anni di Formia dipendente di un centro estetico e di una profumeria nella centralissima via Vitruvio. La donna era stata assunta inizialmente a tempo determinato per un solo mese dal 1 al 30 giugno 2018.
Il contratto della 41enne venne poi regolarmente prorogato – complice l’estate e la stagione turistica – sino 31 agosto cinque anni fa quando il suo datore rappresentò oralmente alla lavoratrice di averle prorogato il contratto dal 17 settembre sino al 31 dicembre dello stesso anno evitando di farle sottoscrivere qualcosa. La svolta a questa amara e triste vicenda, che ha evidenziato l’assoluta precarietà e sottoccupazione in cui sono costretti ad operare numerosi operatori del commercio nel presunto salotto buono di Formia, si registrò il 4 dicembre 2018. La lavoratrice, prestando servizio 60 ore settimanali anziché 40, chiese quel giorno di essere finalmente regolarizzata quando venne invitata a lasciare il centro estetico. Alla donna, madre di due bambini in tenera età, cadde il mondo addosso alla vigilia del Natale e non le rimase altro che promuovere un durissimo contenzioso, assistita dagli avvocati Luca Cupolino e Maria Claudia Fanelli.
Nonostante il contratto di lavoro fosse part time, la lavoratrice licenziata a voce ha dimostrato, citando tra i testimoni anche numerosi clienti dello stesso centro estetico di via Vitruvio, di lavorare ben oltre il regime orario massimo previsto per i dipendenti di aziende artigiane di parrucchieri, barbieri ed estetisti. Le 60 ore di lavoro settimanale le effettuava 6 giorni, dal lunedi al sabato, dalle 10 alle 20, senza neppure la pausa pranzo quando il contratto iniziale prevedeva unicamente 24 ore settimanali. G.M. ha dimostrato al dottor Iannucci di aver svolto anche mansioni superiori a quelle indicate nel contratto. La lavoratrice formiana era in possesso di attestati di specializzazione e formazione professionale rilasciati dalla Regione Lazio, ma il suo datore di lavoro le faceva svolgere numerose mansioni ulteriori, tra cui anche le pulizie.
Dopo cinque anni ora si è concluso a favore della 41enne questo contenzioso ed il giudice Iannucci, annullando il licenziamento, definitivo “ritorsivo”, ha disposto l’immediata riammissione in servizio della lavoratrice con una mansione superiore (terzo anzichè quarto livello) rispetto a quella svolta sino al 4 dicembre 2018, ha condannato il datore di lavoro al pagamento di oltre 13.308,40 euro quali differenze retributive, al risarcimento del danno con una somma pari a 10 mensilità oltre a circa 9.000 euro di spese di giudizio affrontate dagli avvocati Cupolino e Fanelli.
Il Giudice Iannucci con questa sentenza ha preso anche atto della condotta gravemente inadempiente del datore di lavoro, che ha violato “la vigente normativa in materia di assunzione, licenziamento, rapporto di lavoro sotto il profilo di orari e mansioni e pagamento della retribuzione e degli emolumenti”.
“Il nostro intervento professionale – hanno commentato gli avvocati Luca Cupolino e Maria Claudia Fanelli che danni si occupano di vertenze di materia di lavoro tutelando sia le maestranze che le stesse aziende – ha contribuito a ridare un po’ di serenità a questa lavoratrice, la cui drammatica vicenda occupazionale è stata ripercorsa dalla sentenza ineccepibile del Tribunale di Cassino. Questa donna è stata licenziata a voce poco prima di Natale con figli minori a carico, ed impossibilitata ad accedere alla disoccupazione in quanto non regolarizzata contrattualmente”.