LATINA – Ha interessato tutto il territorio nazionale la maxi-operazione condotta dai Finanzieri del Comando Provinciale di Salerno che, al momento, vede coinvolte più di 270 imprese, oltre ai relativi rappresentanti legali, verso i quali la Procura della Repubblica salernitana ipotizza ora i reati di associazione per delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione di crediti d’imposta e autoriciclaggio. Ipotesi per le quali risultano al momento denunciate – a vario titolo – 279 persone.
Nell’operazione, attesa l’estensione territoriale in cui la stessa è stata condotta, sono stati impegnati oltre 100 Reparti delle fiamme gialle che hanno operato in 42 diverse provincie per dare attuazione all’ordinanza di sequestro preventivo da circa 57 milioni di euro, disposta dal GIP del Tribunale di Vallo della Lucania (Salerno).
Stando a quanto emerso dalle indagini, avviate a suo tempo dai Finanzieri della Compagnia di Agropoli, le imprese coinvolte nella frode avrebbero messo in atto – tra il 2020 ed il 2021 – un’indebita compensazione di crediti inesistenti generati in maniera del tutto artificiosa, ricorrendo a false attestazioni riguardanti attività di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie esplicitamente previste dal “Piano Nazionale Industria 4.0”.
Tra le aziende finite sotto inchiesta, tre sono nella provincia pontina, con sede a Latina, Terracina e Formia.
Lo schema frodatorio escogitato nella circostanza prevedeva, infatti, una rete di procacciatori incaricati di contattare le imprese interessate ad ottenere il credito d’imposta, programmato proprio per i dipendenti da avviare ai corsi di formazione e aggiornamento professionale.
In ragione di ciò la società di procacciatori forniva, dunque, ai clienti tutta la documentazione necessaria a comprovare l’effettivo svolgimento di tali attività formative (registri delle presenze, autocertificazioni, relazioni dei docenti, e così via), corsi istituiti per rinnovare ed implementare le competenze di chi opera nel campo industriale ma che nella realtà non sono mai avvenuti.
Con il fiancheggiamento prestato da alcuni rappresentanti sindacali venivano, inoltre, redatti falsi contratti collettivi aziendali corredati con tanto di marche da bollo (anche queste contraffatte), i quali avevano la funzione di attestare i finti costi sostenuti dalle imprese per le suddette attività formative, oltre che a retrodatare le stipule degli stessi contratti.
Da non dimenticare, inoltre, il ruolo assunto da alcuni professionisti nella vicenda, i quali si sono adoperati nel rilasciare alle imprese conniventi l’asseverazione del correlato credito d’imposta consentendogli così di essere compensante dagli oneri finanziari fittiziamente sostenuti, questo in parte poiché una percentuale di quanto illegittimamente incassato veniva successivamente restituita a titolo di “provvigione”.
Sulla scorta degli elementi di prova prodotti dagli investigatori della Guardia di Finanza salernitana, diretti dal Generale di Brigata Oriol De Luca, il giro d’affari creato dai responsabili è prossimo ai 57 milioni di euro, ovvero pari all’ammontare dei sequestri intanto disposti dal GIP.
Sulla vicenda è comunque opportuno specificare come i provvedimenti emessi dalla competente Autorità Giudiziaria giungano nella fase delle indagini preliminari, per questo la responsabilità penale degli indagati – per il principio della presunzione d’innocenza – potrà essere accertata soltanto all’esito di un’eventuale sentenza irrevocabile di condanna.