LATINA – Corruzione per atto contrario ai doveri d’uffficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. Per queste ipotesi di reato quello che è stato considerato sinora uno dei magistrati piu influenti in servizio presso il Tribunale di Latina, il giudice per le indagini preliminari Giorgia Castriota, è stato arrestato questa mattina in applicazione ad una chilometrica ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Perugia che – come si ricorderà – è competente per i magistrati in servizio nel territorio laziale.
Oltre alla dottoressa Castriota – che sinora aveva emesso provvedimenti cautelari che avevano decapitato diverse amministrazioni comunali della provincia di Latina – sono stati arrestati su ordine del procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone due strettissimi collaboratori del magistrato nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria, Silvano Ferraro e Stefania Vitto.
I dettagli dell’inchiesta
Le indagini che hanno provocato un autentico terremoto nel palazzo di Giustizia di piazza Buozzi nei giorni in cui l’avvocatura penale è in sciopero contro la Riforma Cartabia, nascono dalla denuncia presentata dal rappresentante legale pro tempore di diverse società, tutte riconducibili allo stesso gruppo operante nel settore della logistica, sequestrate nell’ambito di un procedimento incardinato per reati tributari alla Procura della Repubblica di Latina.
Nello specifico – si legge in una nota della Guardia di Finanza che ha svolto le delicatissime indagini negli ultimi mesi – l’imprenditore lamentava irregolarità e condotte non trasparenti che vi sarebbero state nella gestione dei compendi aziendali sequestrati e che, secondo quanto da lui prospettato, sarebbero state poste in essere dagli amministratori giudiziari e dal coadiutore, con l’avallo del giudice per le indagini preliminari. Le indagini sono state – come detto – delegate ai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Perugia ed erano in piedi da parecchi mesi.
In particolare, attraverso l’esame di tabulati telefonici, servizi di osservazione, controllo e pedinamento, acquisizione di documentazione bancaria, disamina delle movimentazioni finanziarie dei soggetti coinvolti e, soprattutto, attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, che, ancora una volta, sono risultate assolutamente determinati ai fini investigativi, per l’individuazione dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati, quello che è emerso è l’esistenza di una rete di rapporti amicali e di frequentazione fra i vari soggetti che, all’interno dell’amministrazione giudiziaria, hanno percepito e stavano tuttora percependo compensi particolarmente cospicui.
Secondo quanto accertato dalle Fiamme Gialle umbre il conferimento degli incarichi sarebbe avvenuto al di fuori di qualsiasi criterio oggettivo e soprattutto in contrasto con il divieto di assumere il ruolo di amministratore giudiziario e coadiutore da parte di coloro che hanno, con il magistrato che conferisce l’incarico, una “assidua frequentazione, quella derivante da una relazione sentimentale o da un rapporto di amicizia stabilmente protrattosi nel tempo e connotato da reciproca confidenza, nonché il rapporto di frequentazione tra commensali abituali”.
Un “chiaro quadro di accordo corruttivo”
Gli accertamenti svolti nell’ambito dell’indagine che ha portato all’arresto del Gip Castriota hanno disvelato – così come espressamente sottolineato dal Gip del Tribunale di Perugia – “un quadro granitico di gravità indiziaria” facendo intravedere “un chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione, nel quale soggetti nominati… [dal giudice] … all’interno dell’amministrazione, già legati da rapporti personali pregressi, retrocedevano al Magistrato, sotto forma di contributo mensile ed altre regalie, parte del denaro… (che lo stesso giudice) …liquidava loro per l’adempimento degli incarichi”. Nel caso di specie, quindi, il giudice di Latina – secondo l’ipotesi accusatoria, fatta propria dal Gip di Perugia – non solo avrebbe direttamente nominato e agevolato il conferimento degli incarichi a persone con cui intratteneva rapporti personali consolidati, ma avrebbe percepito sistematicamente parte dei compensi in denaro liquidati dallo stesso Giudice nell’ambito dell’amministrazione giudiziaria o corrisposto, a titolo di compenso, dalle società sequestrate.
Nei capi di imputazione per i quali è stata emessa ordinanza cautelare sono contestate anche altre utilità (quali gioielli, orologi, viaggi e un abbonamento annuale per assistere in tribuna d’onore dello stadio Olimpico alle partite di una squadra calcio) che il giudice avrebbe percepito dai soggetti inseriti nell’amministrazione giudiziaria. Nella misura cautelare sono, infine, indicati numerosi atti contrari ai doveri d’ufficio che il Giudice di Latina avrebbe tenuto nella gestione delle società raggiunte da sequestri.
Si tratterebbe, secondo quanto accertato, di condotte quali l’omessa vigilanza o la mancata denuncia di attività illecite da parte degli ex amministratori, ma anche di condotte attive, come l’intenzione di portare le società al fallimento e nominare curatori gli stessi professionisti, con lo scopo, verosimilmente, di mantenere il controllo sulla procedura e non perdere la fonte di guadagno oltre a quello di tutelare sé stesso da ingerenze esterne e da eventuali soggetti estranei, che avrebbero potuto evidenziare le criticità o la mala gestione dell’amministrazione giudiziaria. E in base a quanto appreso sono finiti nelle indagini anche altri due professionisti coinvolti nelle stesse amministrazioni giudiziarie.
In queste ore sono in corso delle perquisizioni da parte direttamente di magistrati e dei finanzieri del Nucleo Pef di Perugia, nonché acquisizioni di informazioni da persone informate sui fatti, al fine di riscontrare se lo schema delineato nell’amministrazione giudiziaria oggetto di indagine sia già stato utilizzato in altri casi, con gli stessi risultati e con il coinvolgimento anche di altre persone.