FROSINONE – Con la rinnovo dei giudici popolari, dopo la falsa partenza dell’udienza del 27 marzo, è entrato nel vivo il processo d’appello per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, il 21enne ucciso durante un pestaggio avvenuto a Colleferro la notte tra il 5 ed 6 settembre 2020. Il dibattimento si è caratterizzato subito con la richiesta di conferma delle condanne di primo grado per i quattro imputati, presenti in aula alla stessa stregua della madre e della sorella di Willy.
A curare la requisitoria sono stati il sostituto procuratore generale di Roma Bruno Giangiacomo e il sostituto procuratore di Velletri Francesco Brando che hanno chiesto la conferma delle condanne per i fratelli Marco e Gabriele Bianchi e, a 23 anni per Francesco Belleggia e a 21 per Mario Pincarelli. E le paure scandite a loro danno sono state pesanti: quella di Willy è stata “morte indecente e assurda nei motivi e nelle modalità”. I due rappresentanti della pubblica accusa non hanno fatto che ripetere le motivazioni della sentenza della Corte d’Assise del Tribunale di Frosinone secondo i due fratelli Bianchi, Belleggia e Pincarelli “avevano la percezione del concreto rischio che attraverso la loro azione Willy potesse perdere la vita, e nondimeno hanno continuato a picchiarlo”.
Giangiacomo e Brando ha quantificato in poco più di 50″ l’azione omicidiaria nel corso dei quali tutti gli imputati non solo non hanno mai desistito ma, anzi, hanno intensificato la condotta. E’ stata una lotta impari, 4 contro 1, sino a martoriare Willy, infierendo su un corpo che, sin dai primi secondi, già appariva totalmente remissivo”. Insomma “il pestaggio è stato unitario, tutti hanno picchiato in modo violentissimo la vittima inerme, colpendola in più parti vitali del corpo e, dunque, contribuendo il proposito criminoso”.
Per la Procura generale, infine, è sbagliato dire che, in base a questa ricostruzione, uno degli imputati abbia avuto, rispetto a questa azione, un ruolo del tutto marginale, quasi insignificante. Il Procuratore generale non è stato tenero nei confronti dei fratelli di Artena:”I Bianchi hanno ricevuto condanne ormai passate in giudicato per estorsione e spaccio di sostanze stupefacenti; sono soggetti conosciuti per avere la fama di picchiatori e infatti in passato sono stati arrestati per fatti analoghi e rinviati a giudizio (sempre aggressioni di più soggetti contro uno, peraltro ai danni di soggetti extracomunitari; quindi sempre in una situazione in cui il soggetto è in una situazione di minorata difesa). Sono persone che andavano a fare gli arroganti in giro. Sono persone che vivevano nel lusso senza fare nulla e che quindi vivevano di delitti. Sono persone, infine, che hanno dimostrato di non aver avuto alcuna revisione critica del loro operato, come emerge dal loro esame in occasione del quale hanno reso dichiarazioni miranti a dare la responsabilità esclusiva dell’evento a Belleggia e nel corso del quale hanno addirittura mostrato un atteggiamento quasi offensivo nei confronti dei familiari della persona offesa”, ha aggiunto la procura generale chiedendo la conferma delle condanne. La stessa irruzione dei fratelli Bianchi sulla scena di una disputa sino ad allora solo verbale, e comunque in fase di spontanea risoluzione, “fungeva da detonatore di una cieca furia”.
Il processo proseguirà l’11 maggio con l’intervento dei legali delle parti civili ma il dibattimento si annuncia interessante su una richiesta avanzata dai legali di Gabriele Bianchi, gli avvocati Valerio Spigarelli ed Ippolita Naso. Riguarda l’inserimento agli atti del processo di una querela presentata da Samuele Cenciarelli all’indomani dell’aggressione mortale a Willy: “A un tratto, e del tutto inaspettatamente, mi sembra di aver visto che il Belleggia sferrava un calcio sul petto di Willy, facendolo cadere contro un’auto”. A dire degli avvocati del maggiore dei fratelli Bianchi Cenciarelli sostiene due cose importanti. La prima riguarda il calcio che Belleggia avrebbe sferrato a Willy. Si tratterebbe del primo colpo ricevuto dall’aspirante cuoco di origini capoverdiane, quello che secondo l’accusa, basata sulla perizia medico-legale, gli causò lesioni mortali e che finora, basandosi sulle testimonianze pressoché univoche degli altri presenti in largo Santa Caterina, avrebbe invece sferrato Gabriele. Un calcio dato con la pianta del piede, caricando la spinta sull’altra gamba, proprio di chi pratica arti marziali come il 29enne, esperto di Mma al pari del fratello Marco.
Un altro aspetto – sempre secondo la difesa di Gabriele Bianchi – evidenziabile nella querela di Cenciarelli è il fatto di individuare se stesso come il destinatario del calcio di Gabriele Bianchi: “Vedendo il mio amico cadere, mi precipitavo a raccoglierlo ma qualcuno, che solo negli istanti successivi ho avuto modo di identificare, mi colpiva con un calcio sul collo, facendomi rovinosamente cadere”. Nel processo celebrato a Frosinone Cenciarelli fornì una versione in parte diversa e più in linea con quelle di chi imputa quel calcio a Gabriele Bianchi. Cenciarelli peraltro non è stato ritenuto dalla Corte pienamente attendibile — data la situazione in cui si trovava — quando descrive i fatti, tanto da essere l’unico a parlare di cinque e non quattro aggressori.
Secondo la perizia, Willy sarebbe morto anche solo in conseguenza di un altro colpo, quello ricevuto con un pugno alla carotide quando provava a rialzarsi. Cenciarelli racconta il “disperato tentativo di sottrarre Willy alla mattanza” e conclude in questi termini “Lungi dal desistere, Gabriele Bianchi mi sferrava un pugno sul mento che riuscivo solo parzialmente a schivare ma che mi faceva di nuovo cadere. Da allora ho continui incubi e non riesco ad avere una normale vita di relazione per il trauma e il dolore vissuti”.